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Ucciso da un colpo di pistola in auto, chiesta la condanna di un giovane per omicidio volontario

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Caltanissetta – Colpevole di omicidio volontario. Così la procura di Catania ne ha chiesto la condanna a sedici anni di carcere, ridotti a dodici per il rito.

Richiesta di pena che pende sul ventisettenne riesino Pietro Rizzo – difeso dagli avvocati Vincenzo Vitello e Adriana Vella – a giudizio per rispondere di omicidio volontario.

Imputazione, che pende pure su un trentaduenne catanese che ha scelto il giudizio con rito ordinario, per la morte di Natale Licciardello, rimasto ucciso da un colpo di pistola nel luglio di otto anni fa.

I tre in quel frangente si trovavano in auto assieme. Ma il guidatore, la stessa vittima, sbandando sarebbe finito contro un’altra auto. In quei momenti è stato sparato un colpo di pistola che ha raggiunto Licciardello che, dopo una settimana, è deceduto. Era il 15 luglio del 2018.

Subito dopo l’incidente i due amici della vittima sono fuggiti per poi tornare indietro a prendere dall’auto un borsello con dodicimila euro appartenente al ferito. E si sono allontanati nuovamente.

Per questa ragione, inizialmente, i due amici di Licciardello sono stati processati per omissione di soccorso, imputazione da cui il riesino è stato assolto, l’altro no.

Ma è stato lo stesso gip, trasmettendo gli atti al pubblico ministero, a chiedere di aprire un’indagine, sempre a carico degli stessi due sospettati, per la pesantissima ipotesi di omicidio volontario.

Rizza ha poi scelto il giudizio abbreviato, il catanese il rito ordinario in Assise. E proprio in casa di quest’ultimo sono poi stati trovati il borsello sparito dall’auto della vittima e una pistola calibro 8 giocattolo con cui sarebbe stata sparato il colpo mortale.

L’altro imputato, il trentaduenne di Catania, avrebbe poi fornito tre differenti versioni su quanto sarebbe accaduto in quei minuti in cui erano in auto insieme. Prima sostenendo di avere trovato la pistola sotto il sedile del guidatore, poi che sarebbe stato lo stesso Licciardello a passargliela e, infine, che l’avrebbe avuta da Rizzo per rapinare la stessa vittima.

Nel gran calderone anche la registrazione di una telefonata, di cui i familiari di Licciardello sarebbero entrati in possesso, in cui si ventilerebbe l’ipotesi che il riesino avrebbe avuto un debito, forse di droga, con la vittima.  Non poche le zone d’ombra che aleggiano quello che per la procura etnea è un omicidio volontario.

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