Caltanissetta – Lo avrebbero ucciso per non pagare un debito che contratto con lui. E poi, dopo averlo assassinato, ne avrebbero pure bruciato il corpo.
I coinvolti in questa storia – secondo la tesi accusatoria – sono stati adesso chiamati alla sbarra per l’uccisione del quarantenne allevatore di Pietraperzia, Andrea Paternò. È stato assassinato due anni fa.
Sul banco degli imputati , dinanzi la corte d’Assise di Caltanissetta,sono stati chiamati in quattro – assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Angelo Tambè e Giusy Nicoletti) – ossia Calogero Salvatore Giuseppe e Giuseppe e Di Marca, rispettivamente di 25 e 37 anni – Giovanni Semilia di 26 anni e Filipponeri Di Marca di 64 anni.
Nei loro confronti i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta hanno ipotizzato, a vario titolo, i reati di omicidio aggravato, distruzione di cadavere e incendio seguito da danneggiamento.
L’uomo, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stato attirato in trappola. In quel frangente, era l’11 luglio di due anni fa, lo avrebbero ucciso e poi il suo corpo è stato dato alle fiamme dopo essere stato sistemato nel cassone del suo pickup.
Due giorni dopo la scomparsa è stato ritrovato il corpo carbonizzato sempre nella campagne di Pietraperzia.
Per l’accusa il quartetto lo avrebbe ucciso perché la vittima avrebbe vantato un credito di 20 mila euro. E per quei quattrini più volte, sempre secondo la tesi investigativa, le parti contrapposte avrebbero litigato. Fino a quando avrebbero ideato il progetto di morte, compreso il cadavere dato alle fiamme, così come hanno teorizzato i magistrati del Dda nissena.