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Mussomeli, riparte l’estrazione del sale nella miniera dei misteri di Rainieri

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Mussomeli  – Con il governo Musumeci riparte l’attività di estrazione del sale in Sicilia. Il dipartimento regionale dell’Energia ha pubblicato due bandi di gara per assegnare la concessione mineraria per la coltivazione di sali alcalini in due siti, a “Salina-Pioppo”, in un’area di 282 ettari nel territorio di Nicosia e Sperlinga, e a “Case Rainieri”, 286 ettari nel territorio del Comune di Mussomeli. Nel dettaglio, il giacimento Rainieri, sulla base delle indagini eseguite, è stimabile in circa 309 milioni e mezzo di tonnellate di salgemma di cui circa 77 milioni di tonnellate circa minerariamente sfruttabili.  La durata delle concessioni verrà stabilita dall’amministrazione in proporzione agli interventi programmata e comunque per un massimo di 30 anni. Le due procedure aperte, pubblicate a firma del direttore generale Salvatore D’Urso, sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale. Le gare saranno aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. A essere valutati saranno dunque i criteri tecnici qualitativi mentre il prezzo rappresenta il costo fisso dei canoni minerari da corrispondere all’amministrazione e non è suscettibile di ribasso. La miniera di Raineri è stata tra quelle indicate dall’Arpa ad alto rischio, ovvero miniere dove negli anni passati potrebbero essere state interrate tonnellate di rifiuti tossici se non addirittura radioattivi. Si tratta di una miniera che ricade in territorio di Mussomeli (è distante in linea d’aria pochi chilometri dalla ben più nota miniera Bosco di Serradifalco-San Cataldo), ma trovandosi un po’ fuori mano rispetto alla strada provinciale, appartiene a quei siti di cui si parla poco o niente.
Della miniera di Raineri si sa davvero poco e ancora meno se ne parla, nonostante evidenti tracce di salgemma, sono tuttora visibili lungo il tratto che la costeggia. E anche sotto l’impatto economico/lavorativo per la comunità mussomelese, la miniera di Raineri non ebbe rilevanza tranne sporadiche collaborazioni di qualche tecnico specializzato. La miniera, insomma, quasi nulla ha lasciato nella memoria storica dei mussomelesi tant’è che i più ignorano la sua ubicazione e perfino la sua stessa esistenza.
La Raineri si trova sulla strada del sale (Sp 38) e si raggiunge attraverso una stradina delimitata da un cancello, una volta superato il bivio per Mappa. E qui, in questo perimetro di terra rigogliosa e fertile, fa da contraltare la desertificazione del terreno che delimita il luogo estrattivo. Un luogo solitario, dove la miniera di Raineri raggiunge profondità di centinaia di metri e si articola in gallerie e cunicoli per un’estensione di diversi chilometri, le stesse profondità da dove starebbero risalendo lentamente ma inesorabilmente, attraverso le falde acquifere, i rifiuti tossici che vi sarebbero stati sepolti.
E proprio qui pochi anni addietro, nel febbraio del 2008, si registrò un inquietante caso, documentato con foto dal geologo della Protezione Civile provinciale dott. Salvatore Saia, che notò sul terreno una grande orma a forma di stella. L’orma si stagliava nitida sul fango a pochi centimetri dal lucore del sale. L’orma era stata impressa con forza tant’è che era traboccante di pioggia e, cosa assai strana, tutt’attorno non c’erano altre orme, né di uomini né di bestie. ome non ricordare che proprio uno dei pentiti storici di mafia del Vallone, Leonardo Messina (era diventato caposquadra nella miniera di Pasquasia), ai magistrati antimafia raccontò che una volta chiuse, le miniere erano state riempite con rifiuti d’ogni genere, comprese le scorie radioattive. L’allora procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, ritenne Messina “credibile” ma venirne a capo risultò pressoché impossibile.
Non solo: nell’estate del 1990, Gaetano Butera, vigile urbano di Serradifalco, impegnato in alcuni lavori nella sua casa di campagna, s’era insospettito nel vedere un grande andirivieni di camion in direzione della miniera abbandonata di Bosco-Palo. Butera annotò come dai tir venissero scaricati grossi scatoloni di cui poi si perdevano le tracce. Si qualificò e si presentò ad uno degli autisti, un polacco, che gli mostrò un’autorizzazione scaduta, per il trasporto ma non per lo smaltimento di rifiuti speciali ospedalieri. Sia come sia nell’area del Vallone i tumori del sangue son quelli più in crescita.

 

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