Caltanissetta – L’ultimo passaggio in aula non gli dà scampo. Colpevole era e tale è rimasto. Anche la Cassazione, alla fine, ha blindato il verdetto seppur annullando uno dei capi d’imputazione.
Solo una piccola limatura alla condanna, di un paio di mesi sul computo complessivo, perché è caduta una delle contestazioni collaterale.
Così per un maresciallo dei carabinieri, G.P., sospettato di avere avuto punti di contatto con la cosiddetta “terza mafia” di Gela.
Sì perché il sottufficiale, secondo il teorema accusatorio della procura, avrebbe avuto rapporti con esponenti del clan Alfieri, alternativo a Stidda e Cosa nostra.
La condanna a suo carico, ora divenuta definitiva, è di tre anni e sette mesi di reclusione per l’ipotesi d’induzione alla corruzione.
Mentre nel precedente grado del giudizio è caduto in ampio ventaglio di contestazioni avanzate a carico dello stesso maresciallo e, tra queste, l’acceso abusivo al sistema informatico, peculato e rivelazione del segreto d’ufficio.