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Affari sporchi gestiti dal carcere, cinque le condanne

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Caltanissetta – È grazie alla famiglia di sangue che, dal carcere, avrebbe continuato a gestire gli affari sporchi del clan. E, nel secondo passaggio in aula, lui e i suoi familiari sono stati ritenuti colpevoli. Esattamente così come al termine del primo processo.

Quello che ha tratto linfa da un’operazione che, nel settembre di sei anni fa, ha fatto scattare sei ordinanza di custodia cautelare per le ipotesi, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di droga ed estorsione, aggravate dai metodi mafiosi.

Ora, sull’onda di quell’inchiesta, la corte d’Appello di Caltanissetta ha condannato il quarantanovenne Nicola Liardo, ritenuto pedina fondamentale del clan Emmanuello, a sei anni e nove mesi. La moglie, Monia Greco , ha rimediato quattro anni di carcere. I loro figli Giuseppe e Dorotea Liardo, rispettivamente sei anni e mezzo e otto mesi. Chiude il quadro Salvatore Raniolo con tre anni e tre mesi di reclusione. Nel concreto il verdetto d’appello è la conferma del primo grado del giudizio, nonostante la procura generale di Caltanissetta avesse chiesto un inasprimento delle pene.

Secondo l’impianto accusatorio, il gruppo avrebbe gestito estorsioni, intimidazioni e droga. E a gestire il business – per gli inquirenti – attraverso i familiari sarebbe stato lo stesso Nicola Liardo nonostante si trovasse in carcere.

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