Pietraperzia – È di otto milioni di euro il valore di un tesoro sospetto confiscato dal tribunale di Caltanissetta. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Enna, su richiesta della procura distrettuale di Caltanissetta.
Un patrimonio appartenuto a Felice Cannata, ritenuto appartenente alla criminalità organizzata ennese. Sul suo capo pende già una condanna per associazione mafiosa. Sentenza divenuta definitiva l’11 novembre 2015 e che ha sancito la sua appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia, facendolo ritenere dai giudici socialmente pericoloso.
È un profondo squilibrio tra capacità reddituale della famiglia Cannata e i beni posseduti che, peraltro, ha fatto accendere i riflettori su questo scenario. Troppo ampia la forbice, secondo gli investigatori soprattutto dal Duemila in avanti. Irregolarità scoperte attraverso una intricata e complessa serie di riscontri telematici.
La misura patrimoniale, infatti, adesso, ha interessato qualcosa come 77 terreni nel Nisseno e nell’Ennese, undici fabbricati tra Caltanissetta, Pietraperzia, Inzago e Pozzuolo Martesana nel Milanese, un’azienda agricola e poi diversi beni mobili e conti correnti.
Da qui le indagini che avrebbero poi consentito di scoprire – almeno secondo la tesi degli inquirenti – che lo stesso Cannata avrebbe reimpiegato capitali sporchi, investendoli in attività di compravendita di auto di grossa cilindrata. Poi il suo coinvolgimento nell’inchiesta ribattezzata «Triskelion» a cura della guardia di finanza di Caltanissetta. E al termine di questo procedimento, otto anni fa, è arrivata la condanna poi divenuta definitiva.
In questo scenario complessivo è poi scattata l’indagine patrimoniale da parte delle fiamme gialle, sotto il coordinamento delle Dda nissena, che ha portato alla luce lo squilibrio tra possedimenti e redditi dichiarati.
In tal senso, peraltro, già nel gennaio di cinque anni fa la Dda nissena ha chiesto al tribunale un provvedimento di sequestro dei beni. Gli stessi adesso confiscati.