Caltanissetta – Volti vecchi e pochi nuovi tra gli arresti della polizia nel blitz ribattezzato «Tritone» che ha stroncato un giro di cocaina arrestando dieci sospetti trafficanti. Che picchiavano pure chi non pagava.
“Vecchie” conoscenze, come i due fratelli Ferrara, Ivan e Vincenzo, quarantanovenne il primo, cinquantacinquenne l’altro, già coinvolti in precedenti operazioni di droga e, adesso, anche il loro nipote, il ventinovenne Alessio Maickol Abbate, non per la prima volta, è finito nella rete della polizia coordinata nelle indagini dalla procura.
Ancora altre volti già noti come il cinquantaquattrenne Giuseppe Fiume o il trentaquattrenne Giuseppe Fiandaca e, ancora, il ventunenne Alex Lauria, il trentaduenne Angelo Sferrazza, il cinquantanovenne Salvatore Mastrosimone, il quarantatreenne Gianluca Giuseppe Raniolo e il trentaquattrenne Eros Toni Castello, pure per lui con precedenti analoghi con la giustizia.
Per loro – assistiti dagli avvocati Ernesto Brivido, Maria Francesca Assennato, Dino Milazzo, Boris Pastorello, Davide Schillaci – nella notte sono scattate le dieci misure cautelari per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Le hanno eseguite una settantina di agenti della squadra mobile.
Ad alcuni, tra i coinvolti nel blitz, è stata pure contestata la disponibilità di armi, così come sarebbe emerso da intercettazioni.
È un anno addietro che sono iniziate le indagini e avrebbero consentito di appurare che la droga veniva ritirata a domicilio, in casa degli indagati, o a pochi passi dalla fontana del «Tritone» di Caltanissetta. E sarebbero centinaia gli episodi di spaccio documentati dalle intercettazioni. Anche tra gli stessi indagati vi sarebbe chi faceva abituale uso di droga.
Dalle indagini sarebbe emerso che la “neve”, in alcune occasioni, sarebbe stata preparata su una lastra di marmo e consumata in gruppo dagli acquirenti. E durante le indagini sono stati eseguiti arresti e sequestrato oltre un chilo di cocaina e qualcosa come 75mila euro in denaro contante.
Gli inquirenti hanno pure ipotizzato che debitori, su ordine dei capi, sarebbero stati pestati a sangue per recuperare i quattrini.