Home Cronaca Estorsione alle dipendenti, condannati due commercianti 

Estorsione alle dipendenti, condannati due commercianti 

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Caltanissetta – Con una mano avrebbero consegnato i quattrini con l’altra avrebbero preteso la restituzione di una parte dello stipendio. Nulla di diverso dalla “cresta” sulle buste paga dello loro dipendenti. Ipotesi di reato per cui due commercianti nisseni sono stati riconosciuti colpevoli.

Così è piovuta la condanna su marito e moglie, il settantunenne Gaetano Abate e la moglie, la sessantasettenne Laura Piscopo – difesi dagli avvocati Alfredo Danesi e Giuseppe Fussone –  sotto accusa per rispondere di  estorsione con l’aggravante, per l’accusa, di avere commesso il fatto con abuso di autorità.

Entrambi hanno rimediato tre anni e sette mesi di carcere in questo appello “bis” dopo l’annullamento del precedente verdetto di condanna emesso dalla Cassazione.

Ma non è tutto. Perché dovranno anche risarcire le parti civili, ossia la cinquantenne Rosa Maria Lo Cascio e le sessantanovenni Rita Daniela Sabatino e  Valeria Pennisi  – assistite dagli avvocati Dino Milazzo e Cristian Morgana – dalle cui denunce ha preso le mosse l’indagine che, poi, ha trascinato in giudizio la coppia.

Lei era amministratrice unica della «Almas srl» che operava nel settore dell’abbigliamento, lui socio della stessa ”srl”. In primo grado sono stati assolti, poi condannati in appello e, successivamente, la Suprema Corte ha annullato rinviando gli atti a una diversa sezione della corte d’Appello di Caltanissetta

Secondo la tesi accusatoria le tre dipendenti – che avrebbero lavorato alla «Almas» dal gennaio di dodici anni fa fino alla chiusura per cessata attività nel marzo del 2013 – sarebbero state pagate con assegno ma poi avrebbero dovuto restituire in contante la differenza tra quanto risultante ufficialmente in busta paga e quanto pattuito con la proprietà. Una sorta di ricatto, per l’accusa, pena il licenziamento. E poi, nel gran calderone, anche un rapporto di lavoro sulla carta part-time ma in realtà a tempo pieno e altri compensi accessori, come il lavoro straordinario, che non sarebbe mai stati retribuiti.

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