Caltanissetta – Uno va a giudizio, l’altro, invece, ha scelto di patteggiare la pena: sono due tra i coinvolti nell’inchiesta su caporalato e il delitto del trentaduenne pakistano Adnad Siddique, ucciso da connazionali perché avrebbe guidato una sorta di rivolta contro i “caporali”.
A scegliere la via del patteggiamento è stato il trentatreenne Mohsin Ali – assistito dall’avvocatessa Chiara Matraxia che ne è uscito con la condanna a 3 anni di carcere e 6 mila euro di multa. È accusato di caporalato.
E con la sentenza, parallelamente, ha anche ottenuto la scarcerazione. Gli sono stati concessi i domiciliari con il braccialetto elettronico.
È stato rinviato a giudizio, invece, il trentatreenne, pure lui pakistano, Shujaat Ali, inteso Malik, – assistito dall’avvocatessa Evira Samuela Gravagna – che sarà processato per l’omicidio Siddique e per associazione a delinquere mafiosa finalizzata agli omicidi, sequestro di persona a scopo di estorsione, estorsioni, rapine, porto d’armi, lesioni personali e violazione di domicilio.
Altri sette coinvolti nella stessa inchiesta sono già stato rinviati a giudizio e saranno processati, dopo la pausa estiva, a partire da inizio ottobre prossimo.
Nei confronti di Shujaat saranno parti civili i familiari della vittima, il Comune, il Movimento volontariato italiano – avvocato Salvatore Patrì – due vittime di caporalato – avvocatessa Monia Giambarresi – l’associazione Proxima e altre persone offese – avvocati Adriana Vella, Jennifer Guarino, Graziano Baglio, Marco Lomonaco e Giuseppe Orlando – la comunità «I girasoli» di Milena e suoi ospiti – avvocato Giovanni Annaloro – la Cgil – avvocatessa Maria Ricotta – la Flai Cgil – avvocatessa Stefania Giambra – e una vittima di caporalato – avvocatessa Lia Minacapelli – già ammessi in precedenza.