Mussomeli – Ventisette anni, un amore sfrenato per il body building. Michele Noto era un ragazzo come tanti, con le passioni tipiche e condivise da molti coetanei. La palestra, anzitutto. Con pesi, manubri, e panche aveva modellato un fisico tonico e muscoloso. Era diventato istruttore in palestra. Poi c’erano le moto. Era un centauro, amava girovagare sulle due ruote. Dare gas sulla sella di motori di grossa cilindrata. Non disdegnava nemmeno le auto, quelle modificate, le cosiddette auto tuning. Gli amici, la famiglia, i cani, il lavoro, il rombo dei motori. Questi interessi e attività riempivano le sue giornate. A turbare questa normalità, ci deve essere qualcosa che non sappiamo e che forse mai sapremo. Un amore, una infatuazione, una delusione, per quanto intensi e dolorosi, non possono e non dovrebbero portare a imbracciare un’arma da fuoco e a premere un grilletto. Aveva alle spalle una famiglia sana che gli aveva inculcato i valori dell’onestà, del lavoro. Evidentemente qualche demone interiore lo inseguiva e lo martoriava a tal punto da fargli perdere il lume della ragione. Ha tolto la vita e si è tolto la vita. In un perverso e inquietante disagio per cui vivere o morire non fa differenza. L’errore non si può riparare, ora serve la verità. La si deve anzitutto alle vittime e ai loro parenti ma anche a Michele che è stato carnefice di se stesso, la chiarezza sarà di aiuto anche ai suoi parenti e amici a capire perché un ragazzo normale nottetempo arrivi a commettere atrocità inenarrabili.