Palermo – «Non sarà la malattia a uccidermi, mi ucciderò io a casa». Queste le confessioni che il boss Matteo Messina Denaro avrebbe girato alla sorella attraverso un pizzino, tra i tanti recuperati dai carabinieri durante le indagini dopo la cattura del capomafia.
Lo avrebbe confidato, con quel bigliettino, alla sorella Rosetta, anch’ella poi arrestata dai militari per associazione mafiosa. E lì, in quell’appartamento covo di Campobello di Mazara e un casolare in cui, ogni tanto anche la sorella andava, i carabinieri hanno recuperato una montagna di “pizzini”.
Quello scritto di suo pugno dimostrerebbe la volontà del boss di farla finita prima che la malattia lo finisca. Ed è la ragione per cui nel carcere di massima sicurezza, a l’Aquila, il capomafia è costantemente sorvegliato.
«Da ragazzo la sfidavo con leggerezza da incosciente, da uomo maturo la prendo a calci in testa perché non la temo» , avrebbe scritto di recente Messina Denaro in uno dei suoi tanti messaggi. E, presumibilmente, pianificava, quando sarebbe stato il momento, un’uscita di scena eclatante. Un po’ com’era stato per il padre Francesco.
È stata proprio la malattia, presumibilmente, a spingere Messina Denaro a rimanere un po’ più in vista di quanto, ad ogni modo, non lo sarebbe stato negli anni. Anzi secondo il gip, Messina Denaro negli ultimi anni non si sarebbe nascosto poi tanto. E chi lo conosceva personalmente lo avrebbe visto più volte condurre, talvolta, anche una vita normale. I vari arresti scattati in più soluzioni dopo la cattura del boss, confermerebbero sempre più l’esistenza di quella fitta rete di protezione che ne avrebbe garantito per anni la latitanza.