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Picchiato a colpi di mazza per rapinarlo della pensione del figlio, ma le accuse agli imputati non reggono

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Caltanissetta – Picchiato a colpi di mazza per rapinarlo del portafogli. Che dentro custodiva un migliaio di euro. Per l’esattezza 980 euro. Soldi prelevati qualche ora prima allo sportello postale come assegno unico e accompagnamento per il figlio affetto da una grave disabilità.

Era la pesantissima accusa che pendeva sui due imputati che, alla fine, come chiesto dalla difesa sono stati, invece assolti.

Sono i sancataldesi Michele Amico e Giovanni Piazza, quarantenne il primo, cinquantatreenne l’altro – assistiti dall’avvocato Gianluca Amico – processati con il rito abbreviato per le ipotesi di rapina e lesioni aggravate.

Il pubblico ministero Leo Scorza ha chiesto per loro otto anni e quattro mesi ciascuno di reclusione che, al netto dello sconto di un terzo sulla pena previsto dal rito , si è attestato su una proposta di 5 anni e 7 mesi e, in più, una multa di 1.800 euro a testa.

Ma il gip Valentina Balbo, condividendo la tesi difensiva, li ha assolti per quella che in passato il codice indicava come insufficienza di prove.

Così da uscire indenni dal procedimento nato per il presunto pestaggio, a scopo di rapina, ai danni di un romeno che fin da giovane vive a San Cataldo e che, secondo il teorema accusatorio, era stato rapinato della  pensione del figlioletto.

La vicenda, com’è stata denunciata in prima battuta, risalirebbe alla sera del primo settembre dello scorso anno. Quando i tre avrebbero prima bevuto qualcosa in un bar di san Cataldo e poi, in macchina, sarebbero partiti per raggiungere Canicattì, per fermarsi in un altro locale. Ma lì non sarebbero mai arrivati.

Perché, secondo il racconto della vittima, lungo la strada, in contrada Favarella, i due avrebbero fermato la macchina e dopo avere preso una mazza dal bagagliaio lo avrebbero malmenato. Più in dettaglio Amico lo avrebbe picchiato, mentre l’altro gli avrebbe preso il portafogli con dentro i quattrini della pensione del figlioletto. Poi lo avrebbero riaccompagnato a San Cataldo.

Da lì a poco il presunto rapinato si è presentato ai carabinieri raccontando questa storia. Due giorni dopo ha confermato aggiungendo altri particolari. Ma il 5 settembre è tornato in caserma sostenendo di voler ritirare  quella denuncia perché avrebbe avuto paura di ritorsione nei suoi confronti e dei suoi familiari. E, successivamente è tornato ancora sui suoi passi spiegando ai carabinieri «sono venuto in caserma poiché la sera del primo settembre ero ubriaco e non mi sentivo bene». Ma la procura ha sempre ritenuto veritiero il suo primo racconto. Per giudice, invece, quella ricostruzione sarebbe stata a tinte fosche.

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