San Cataldo – “Un Killer silenzioso si aggira per le nostre campagne. E’ l’amianto. Raccogliamo il j’accuse lanciato già dal Dott. La Rosa in un suo recente articolo di giornale, volendo continuare il lavoro già intrapreso dalle amministrazioni che ci hanno preceduto, e da associazioni come Collettivo Letizia, il Meetup Cinque Stelle di San Cataldo, il WWF Sicilia centrale, l’Associazione No Serradifalko. In questo solco, vogliamo opporci con forza alla ipotesi di destinare a deposito regionale di rifiuti contenenti amianto l’ex miniera di Bosco, sezione di San Cataldo”. Così il sindaco di San Cataldo Gioacchino Comparato.
“Le nostre miniere sono una ricchezza. – continua il sindaco – Sono il retaggio di un passato, di una tradizione, del lavoro e del sacrificio di tanti nostri concittadini. Sono una ricchezza che va valorizzata, non utilizzata come discarica”.
“Andiamo con ordine.
Il ‘Piano di Protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa derivanti dall’amianto’ (redatto nel 2016 e aggiornato da ultimo nel 2020), stabilisce che tra i siti ritenuti in possesso delle caratteristiche opportune per la realizzazione di un impianto di smaltimento dell’amianto, figuri anche l’ex area mineraria di Bosco.
Cioè, visto il sito minerario dismesso, vista la necessità di procedere alla bonifica dei territori, per la cui bonifica era stata prevista la somma di 5 milioni e mezzo dai fondi della programmazione FSC 2014-2020, Patto per il sud, allora, invece di bonificare quelle aree, arriva l’idea di creare un impianto di smaltimento dell’amianto, ovvero amianto su altro amianto. E la bonifica?
Il ragionamento, vogliamo dirlo con chiarezza, era e rimane inaccettabile.
Non è concepibile che stante la difficoltà di smaltire oltre 10.000 metri quadrati di coperture di amianto di capannoni ed altri fabbricati, in pessimo stato, si preferisca non procedere ad una bonifica, allo smaltimento dell’amianto, ma si preferisca portare, in quello stesso sito, altro amianto da stoccare.
La filosofia spicciola è quella di portare a smaltire l’amianto in un posto dove già c’è dell’amianto. Tutto possibile?
Affatto” – dice Comparato.
“Infatti, – continua il primo cittadino sancataldese – chi ha predisposto il piano in oggetto, non ha fatto i conti con la classificazione che l’area ha ricevuto proprio dalle medesime Autorità competenti. Proprio il PAI, cioè il piano per l’assetto idrogeologico, redatto dall’Assessorato Regionale al territorio e Ambiente, ha classificato l’intera ex area mineraria con ‘livello di rischio R4’, molto elevato con un ampio territorio intorno con livello di pericolosità ‘p4 molto elevato’. Quanto detto, come ben ribadito da studiosi e geologi (non da ultimo dal Dott. La Rosa), per l’alto rischio di subsidenza che caratterizza l’area.
Cosa significa? Significa che da studi effettuati sui suoli della miniera Bosco, si è potuto appurare che il suolo va a sprofondare, si abbassa, e questo fenomeno non accenna a diminuire.
Questo dice la relazione del PAI: ”nello specifico le pericolosità dei relativi rischi più elevati (P4 e R4), si registrano in C.DA BOSCO PALO, in corrispondenza dell’interazione degli edifici del villaggio minerario con l’area soggetta a fenomeni di sprofondamento indotti dalle cavità sotterranee nei sali potassici sottoposti ad azioni di dissoluzione chimica ad opera per via della circolazione idrica sotterranea”. Quindi, la terra sprofonda, a causa delle gallerie nel sottosuolo, erose dalle sostanze chimiche e dalla circolazione idrica sotterranea. In questo ambiente, secondo la Regione dovrebbe costruirsi un deposito di amianto”.
“Come si può allora, conciliare la scelta di destinare il sito dell’ex miniera Bosco a deposito regionale di materiali contenenti amianto, con la conclamata certificazione di subsidenza dell’area che non consente alcun tipo di intervento? Cioè, come è possibile in un’area dove non è possibile costruire nulla, perché il terreno sprofonda, andare a stoccare tonnellate di amianto? Con quali sicurezza per i cittadini dei centri abitati circostanti?
E ancora, piuttosto, quando la Regione deciderà di rimuovere i 4 milioni di metri cubi di sterili salini presenti da oltre quarant’anni in quella zona? Insomma, vogliamo sapere quando la Regione metterà al sicuro la popolazione da questo killer silenzioso. Crediamo indispensabile riaccendere i riflettori su questa questione. L’area va bonificata, non riempita di altro amianto.
Il nostro obiettivo è semplice ma fondamentale: la bonifica dell’area. Obiettivo da perseguire coinvolgendo le amministrazioni di tutti i comuni interessati, tutte le associazioni e tutti i cittadini, per chiedere alla Regione Siciliana, con forza, la bonifica dell’area” conclude Comparato.