Home Cronaca Scandalo per  i lavori del Palagiustizia, imprenditori si difendono

Scandalo per  i lavori del Palagiustizia, imprenditori si difendono

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Caltanissetta – Pur non rispondendo si sono difesi rendendo dichiarazioni spontanee. Così per, al cospetto del gip, alcuni dei coinvolti nell’inchiesta sull’appalto per il rifacimento della nuova ala del palazzo di giustizia di Caltanissetta.

L’amministratore del consorzio Coroim, Angelo Romano – assistito dall’avvocato Giuseppe Panepinto – ha intanto sostenuto come il ramo d’azienda dello stesso consorzio di cui era amministratore «è stato dato in affitto al consorzio Virgilio dal giudice delegato».

Il Virgilio è il consorzio che avrebbe rilevato, tra gli altri appalti, quello relativo proprio al palazzo di giustizia di Caltanissetta. Il presidente di questo secondo consorzio – secondo la tesi degli inquirenti sarebbe stato a stretto contatto con l’imprenditore Francesco Scirocco condannato per mafia e che si sarebbe pure trovato in regime di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

Secondo il teorema delle direzione investigativa antimafia di  Caltanissetta, lo stesso  Scirocco sarebbe stato una sorta di socio occulto del consorzio Virgilio.

E lo stesso Romano, sempre rendendo dichiarazioni spontanee, ha pure sottolineato che «il tribunale fallimentare di Roma non ha istruito alcun procedimento fallimentare nei confronti dello stesso Coroim».

Sempre dichiarando spontaneamente, dopo essersi avvalso pure lui della facoltà di non rispondere, anche  ilsancataldese Aldo Domenico La Marca – (assistito dall’avvocato Giuseppe Dacqui – ha negato ogni contestazione dichiarando che, a suo parare non si sarebbe mai accorto di eventuali irregolarità commesse dai  fratelli Giacomo e Michele Iraci Cappuccinello – assistiti dall’avvocato Sergio Iacona – «e poi sono uscito dalla società – ha aggiunto un anno prima del fallimento».

Durante gli interrogatori anche gli stessi fratelli Iraci Cappuccinello hanno respinto ogni contestazione mossa a loro carico.

Nei confronti degli indagati la procura nissena ha contestato i reati bancarotta fraudolenta e concorso nel reimpiego di beni di provenienza illecita.

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