Caltanissetta – Acquistavano auto truffando le società finanziarie e poi le rivendevano a ignari acquirenti. Un giro milionario spezzato dalla polizia che ha eseguito nove misure cautelari sequestrando complessivamente 54 mezzi per un valore di oltre un milione di euro. L’operazione è stata ribattezzata «Fake cars».
Cinque dei nove indagati sono accusati di falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, truffa, ricettazione e riciclaggio.
Perché, secondo le risultanze investigative, avrebbero dato vita a una organizzazione per delinquere che avrebbe procurato illecitamente autoveicoli da rivendere a terzi ignari per ottenerne un profitto, gli addebiti temporanei. Sì, perché sarebbero stati acquisiti illegalmente truffando società finanziarie, con l’utilizzo di documenti falsi, provenienti da furti o appropriazione indebita consumati in Sicilia e in Campania.
Gli altri quattro indagati destinatari di provvedimento cautelare emesso dal gip del tribunale di Caltanissetta, sono tirati in ballo perché accusati di avere commesso alcuni dei reati per i fini dell’associazione stessa.
È tre anni fa che l’indagine ha mosso i primi passi sull’onda di controlli a cura della polizia stradale di Caltanissetta. Già allora v’era il sospetto che nella provincia nissena vi fosse una rete organizzata che acquistava auto rubate. E in tal senso è stata determinante la segnalazione da parte di alcuni cittadini che erano stati truffati.
Così è partita un’attività investigativa approfondita da parte della squadra mobile e dalla stradale, sotto il coordinamento della nissena, per ricostruire il giro di truffe.
Secondo la ricostruzione di polizia e magistrati , gli indagati avrebbero rivenduto auto rubate o frutto di appropriazioni indebite ai danni di società di leasing. E, talvolta, i segni di riconoscimento sarebbero stati modificati, così da celarne la provenienza illecita.
Alla fine la polizia ha individuato cinquantaquattro mezzi di provenienza illecita rivenduti ad ignari acquirenti. Un giro che avrebbe sfondato il tetto di un milione di euro. E per chi aveva comprato, oltre al danno la beffa. Già gli acquirenti, infatti, hanno subito anche il sequestro delle auto senza alcun rimborso.
Per mascherare la provenienza illecita delle auto – secondo le risultanze investigative – i sospetti truffatori avrebbero sostituito le targhe dopo avere presentato false denunce di smarrimento, avrebbero dato vita ad atti notarili falsi, oppure avrebbero ribattuto il numero di telaio simulandone la provenienza estera. E, in questo caso, sarebbe stata prodotta documentazione falsa per attestare la proprietà del mezzo in maniera tale che potesse tranquillamente circolare.
Sarebbe emerso che i nuovi dati identificativi utilizzati erano quelli di auto effettivamente esistenti e che circolavano in uno Stato estero. Dei veri e propri cloni. In un secondo tempo le auto sarebbero state
«ri-nazionalizzate», così simulandone – dal punto di vista documentale – la loro importazione dall’estero. Ma lì il mezzo originale continuava a circolare regolarmente.
È in questa fase che sarebbero entrati in campo gli indagati. Perché dopo essere entrati in possesso delle auto falsamente importate dall’estero, le avrebbero vendute subito a ignari acquirenti offrendole un po’ meno rispetto al valore di mercato.
Dalla mappatura effettuata dalla polizia, i cinquantaquattro mezzi scoperti durante le indagini sono tutti circolanti in diverse regioni italiane ed in quasi tutte le provincie siciliane. Così la procura, oltre alla misure cautelari, ha chiesto al gip anche il sequestro preventivo di nove auto, per un valore totale di duecentomila euro. I sequestri sono avvenuti a San Cataldo, Agrigento, Catania, Reggio Calabria e Avellino.
Due dei coinvolti nell’operazione – e sono stati resi noti dalla polizia per scovare eventuali altri truffati – sono i nisseni Eugenio Amico e Michele Giarratana già coinvolti, in passato, in altre vicende giudiziarie, anche analoghe.