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La statua della Madonna della Catena del castello esiste e si trova in Sicilia. La ricerca dell’architetto Spera

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MUSSOMELI – – La  statua della Madonna della Catena esiste e si trova in ottimo stato di conservazione. La scultura mariana in alabastro del ‘500 e che fino alla prima metà del XIX secolo era custodita nel castello di Mussomeli si trova in Sicilia.  A rendere pubblica la notizia  è l’architetto Giuseppe Spera, anche se la scoperta, avvenuta circa 40 anni addietro, porta la paternità di un mussomelese illustrissimo, il cattedratico e pneumologo Nino Mistretta  che, per primo, individuò e documentò l’esistenza del simulacro di cui si erano perse le tracce dal dopoguerra.

IL MISTERO SVELATO. La scomparsa della statua alimentò diverse versioni sulla possibile sorte toccata all’opera cinquecentesca. Il mistero  diede luogo alle ipotesi più fantasiose e disparate, si parlò di distruzione, furto, vendita all’estero, trasferimento in imprecisati edifici di culto. Mentre grazie ai discendenti della famiglia Lanza la statua è stata preservata dalla forza distruttrice del tempo e dell’incuria che, spesso, ha regnato sovrana nel castello di Mussomeli. Spiega l’architetto Spera: “La mia passione per la ricerca ed il mio vissuto mi fanno ricordare di un colloquio avuto diversi anni fa con mio zio, il compianto Prof. Nino Mistretta (a cui, lo ripetiamo per amor di verità,  si deve la primogenitura della scoperta, NdR). Oggi grazie anche al prezioso aiuto del figlio Antonio e studi più recenti, sono riuscito a ritrovare quella statua della Madonna della Catena che certamente intorno ai primi anni del 1500 adornava l’omonima cappella sita nel castello chiaramontano. Di questa statua si erano perse le tracce sin dalla prima metà del secolo scorso. Ne abbiamo prova della sua presenza grazie ad una foto degli anni 40 pubblicata su uno speciale opuscolo di Progetto Vallone. In tanti si sono interessati alla ricerca ma senza risultati“.

LA COLLOCAZIONE ATTUALE. La statua  si trova in Sicilia, in una cappella di una delle famiglie di più antico lignaggio in Italia e che annovera tra i propri avi i Lanza di Trabia.   Spera osserva che “è ben collocata presso la chiesetta padronale di uno dei discendenti della nobile famiglia Lanza. Grazie alla cortesia e alla gentilezza dei proprietari, ho avuto la gioia di ammirarla nel suo aspetto e poterne finalmente delineare i tratti che le cronache del passato avevano trascurato ritenendola di scarsa fattura“.

SCUOLA DEL GAGINI O FATTURA NON PREGEVOLE. Poi lo studioso respinge le critiche antiche di un’opera di valore  non pregevole e avanza un’ipotesi: “Non mi sento di negare o avallare quello che viene riportato nella Miscellanea 133 (che parla di opera bruttissima, NdR), tantomeno negare che si tratti di un’opera scultorea di scuola “gaginiana”. Per quando riguarda la statua, le foto in bianco e nero non avevano mai evidenziato che originariamente l’opera era dipinta e con molta probabilità ci dovevano essere delle decorazioni in oro zecchino (sono visibili in certi punti della statua i segni dell’ossidazione del metallo), peculiarità queste, presenti nella maggior parte delle opere del Gagini e dei suoi seguaci. La capacità dello scultore nel modellare l’alabastro si coglie nell’abito puntigliosamente decorato nella parte del colletto e dei merletti e nella cintola in corda. Il manto, che dal capo le cade addosso, con una delicata morbidezza nelle forme sicuramente ne impreziosisce l’interezza della statua. Con stupore al cospetto della statua – prosegue l’architetto Spera –  ho ricordato una pagina del volumetto ‘Il Castello di Mussomeli ed i suoi restauri’ di Vincenzo Antonio Giacalone datato 1914. Il quale parlando dei lavori dell’Armò, riporta che la statua della Madonna della Catena prima del restauro avesse una mano rotta ed al bambino mancasse la testa. In occasione di quei lavori però i pezzi mancanti furono ricostruiti con dovizia di particolari e stile da non riscontrare differenza alcuna tra l’antico ed il moderno. Peccato non aver ritrovato la statua integra cosi come la aveva lasciata Armò. È presumibile che tale opera sia stata oggetto di atti vandalici durante la seconda metà del novecento quando chiunque indisturbato aveva libero acceso al maniero deturpandolo in maniera irreparabile”.

LA GRANDEZZA DEI LANZA. Per dovere di cronaca va ricordato che la famiglia Lanza di Trabia ha dimostrato una mirabile e pionieristica sensibilità per il bello e l’importanza architettonica del castello di Mussomeli. Si è fatta carico degli interventi di ristrutturazioni più importanti, quello dell’Armò su tutti,  che hanno consentito di tramandare questo adone di pietra fino ai nostri giorni. In mancanza di questa  generosità  plurisecolare della blasonata famiglia il maniero di Mussomeli sarebbe quello che si riscontra in molte parti dell’isola: un cumulo di ruderi di cui si decantano e immaginano i tempi dell’antico splendore.

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