Campofranco – Sarà un ex presunto boss emergente della mafia del Vallone a raccontare la sua verità in relazioni a delitti consumati in quella stessa area del Nisseno e che, tra gli accusati, vede anche un boss campofranchese. Agguati, quelli al centro del procedimento, uno a esso a segno a Milena, l’altro a Montedoro.
È il collaboratore di giustizia di Campofranco, Maurizio Carrubba, ex autista dell’Ato Cl1 rifiuti. Lui che una decina di anni addietro, dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta di mafia «Grande Vallone», ha deciso di tagliare con il passato e di avviare un rapporto di collaborazione con la giustizia.
Sarà ascoltato al processo che vede alla sbarra il boss di Campofranco, il sessantacinquenne Domenico «Mimì» Vaccaro – assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri – e il cinquantatreenne di Milena, Carmelo Sorce – difeso dagli avvocati Danilo Tipo e Daina Meli – entrambi accusati di omicidio.
Vaccaro è ritenuto il mandante dell’agguato che ha avuto come bersaglio il montedorese Gaetano Falcone ucciso il 13 giugno del 1998. Un delitto maturato per questione mafiose, hanno ritenuto senza il benché minimo dubbio gli inquirenti.
Sorce è ritenuto l’autore materiale dell’assassinio del milenese Salvatore Randazzo – figlio dell’allora boss di Milena – che avrebbe pagato con la vita per questioni di donne.
E in precedenza, per dare una chiave di lettura a questi omicidio, l’ex boss di Vallelunga, Ciro Vara, ha sostenuto che la « Falcone era una scheggia impazzita e si era alleato con i corleonesi… Per vendicare la morte di Lorenzo Vaccaro, il fratello Mimì ne ordinò l’uccisione ».
Lo stesso collaboratore di giustizia, in relazione all’altro agguato al centro di questo procedimento, ha già spiegato ai magistrati che «quello di Salvatore Randazzo non è stato un delitto di mafia, ma per questioni sentimentali».