Caltanissetta – Niente sconti per l’autore di un omicidio. Così ha sentenziato la Cassazione in questo passaggio bis, dopo un primo annullamento per la rideterminazione della pena.
Trent’anni di carcere aveva rimediato e tanti rimangono a carico del gelese Antonio Lembo tirato in ballo per l’omicidio di Matteo Mendola, 33 anni al momento della morte. Era residente a Busto Arsizio ma anch’egli originario di Gela.
Lo stesso imputato, in un secondo momento, ha ammesso il suo coinvolgimento tirando pure in ballo il presunto mandante. Accusa che poi, in un secondo momento, ha ritrattato con un dietrofront in aula.
Secondo la tesi accusatoria sarebbe stato ucciso per questione di quattrini. Lui, la vittima, sarebbe stato il creditore.
Lo avrebbero attirato in trappola – altri coinvolti sono stati già condannati per questo delitto, ossia il presunto mandante e un secondo sicario – per poi sparargli alcuni colpi di pistola.
Il suo corpo, dopo una telefonata anonima giunta alla centrale operativa dei carabinieri, è stato ritrovato in un capannone abbandonato, a Pombia. Era il 4 aprile di cinque anni fa.
Poi le indagini si sono catalizzate sui due presunti killer e, successivamente, anche sulla presunta mente di quella missione di morte.
Adesso, per Lembo, dopo
È quanto hanno sentenziato adesso gli «ermellini» dopo cinque processi celebrati a suo carico che, alla fine, nulla hanno mutato nell’originaria pena.