Home Cronaca Bancarotta fraudolenta, chiesto il processo per i vertici di una società  

Bancarotta fraudolenta, chiesto il processo per i vertici di una società  

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Caltanissetta – Il reato loro contestato è di bancarotta fraudolenta. Questa l’ipotesi accusatoria alla base della richiesta di un procedimento a carico dell’allora consiglio di amministrazione di una società operante nel settore dei rifiuti solidi urbani.

È l’ex cda della «Sicula Ciclat soc. coop.» poi travolta dal crac finanziario ed i beni sarebbero confluiti, attraverso manovre ritenute da finanza e magistrati illecite, in un’altra società che avrebbe sempre fatto capo a loro. il tracollo, passando pure per la mancanza di idonei piani di risanamento deliberati dallo stesso consiglio di amministrazione

 Al centro del dossier i nomi del cinquantottenne Pietro Vincenzo Prizzi, del quarantenne Giuseppe Nicosia, della cinquantaduenne Daniela Riggi, del trentottenne Marco Nicosia, del cinquantenne Giacomo Gulino e del sessantaseienne Sergio Baglio – assistiti dagli avvocati Raffaele e Riccardo Palermo, Antonino Falzone. Michele Ambra, Francesco Villardita e Alessandro Greco – accusati di bancarotta aggravata.

Dalle indagini delle fiamme gialle, scattate dopo un esposto presentato alla procura di Caltanissetta, sarebbe emersa una presunta gestione irregolare della società sancataldese , con bilanci alterati fino al tracollo finanziario e perdite ritenute fittizie e non giustificate.

Una volta posta in liquidazione, e il collegio sarebbe stato composto sempre da loro, sarebbero stati distratti pure beni finiti a prezzi stracciati a un’altra società che sarebbe stata riconducibile sempre allo stesso gruppo imprenditoriale. Nuova società che , peraltro, in tal modo si sarebbe potuta accreditare per la partecipazione a bandi per appalti pubblici , sempre per la lavorazione dei rifiuti differenziati.

Nel gran calderone dell’indagine della guardia di finanza, debiti tributari per qualcosa come quattro milioni di euro.

Al momento dell’operazione, scattata poco più di un anno fa, a carico degli indagati è stata disposta una  misura cautelare, nel concreto l’interdizione dall’esercizio di uffici direttivi e, parallelamente, è stato disposto il sequestro di beni per oltre tre milioni di euro.

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