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Blitz antimafia a Niscemi il procuratore De Luca e il colonnello Pascale: «Denunciate, perché lo Stato c’è ed è forte»

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Niscemi – «Cosa nostra non dimentica, Cosa nostra non perdona e chi parla è un uomo morto». L’analisi, in relazione al progetto omicidiario  sventato dai carabinieri ai danni di un commerciante che non s’era piegato al pizzo, è del procuratore di Caltanissetta salvatore De Luca. E, in una sorta di parallelo con la vicenda di Libero Grassi, commerciante che fu ucciso dalla mafia per essersi ribellato il racket delle estorsioni, il procuratore ha sottolineato «come a differenza di trent’anni fa lo Stato, adesso, c’è. Oggi abbiamo il controllo del territorio, con grande difficoltà e sacrificio delle forze dell’ordine».

E in tal senso ha auspicato un incremento delle risorse con l’istituzione o il rafforzamento di nuclei  scorte per tutelare chi denuncia.. «I magistrati che hanno curato questa indagine – riferendosi al maxi blitz antimafia di Niscemi – sono gli stessi che si stanno occupando delle stragi del ‘92». Una questione   questa, che in qualche modo sarebbe stata posta sul tappeto nel corso di una recente riunione a cui hanno preso parte il premier Giorgia Meloni, il sottosegretario alla Giustizia, il procuratore nazionale antimafia e ventisei procuratori di tutta Italia.

Poi, riferendosi al presunto capo mandamento di Gela, il boss niscemese Alberto Musto, da  poco scarcerato dopo una condanna per mafia nell’inchiesta «Fenice», lo ha etichettato come «non un pazzo sanguinario, ma mente di lucide e criminali strategie». Ed è stato tra gli arrestati del blitz, in un’indagine tutt’altro che semplice. «Abbiamo agito d’urgenza e chirurgicamente», ha sottolineato lo stesso De Luca

Poi, non nascondendo che nel territorio del mandamento gelese le denunce di pizzo non sono certo copiose, «come numero non sono esaltanti» ha punteggiato» ha poi ribandito come «quello sia un territorio particolarmente difficile», ha rivolto una esortazione agli imprenditori «che devono continuare a denunciare, sempre più, perché lo Stato c’è».

E da eco ha fatto l’analisi del comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Vincenzo Pascale che ha rimarcato come «anche in questo caso ha vinto lo Stato che ha affermato la sua forza, tutelando anche l’imprenditore che ha denunciato le richieste estorsive… bisogna fidarsi e affidarsi allo Stato perché c’è ed è forte».

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