Home Cronaca Caporalato nel Nisseno e nell’Agrigentino, l’elenco dei 16 indagati

Caporalato nel Nisseno e nell’Agrigentino, l’elenco dei 16 indagati

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Caltanissetta – La quasi totalità del nisseno gli indagati coinvolti nel sospetto caso di caporalato, l’ennesimo, scoperto da polizia e carabinieri.

Dei sedici per i quali la procura, attraverso i sostituti Chiara Benfante e Massimo Trifirò, ha chiuso l’inchiesta, ben tredici sono del Nisseno e tre dell’Agrigentino.

Dell’elenco fanno parte i nomi dei nisseni, Marco Lombardo di 36 anni, Giovanni Lombardo, di 67,  Alessio Lombardo, 34 anni  – tutti di Caltanissetta – il pakistano  Muhammad Imran Cheema, 43 anni, pure lui abitante nel capoluogo e già al centro  di un’altra indagine gemella,

i deliani Maurizio La Magra, Calogero Drogo, entrambi di 43 anni, Sebastian Drogo, 32 anni, Diega Sillitti, 72 anni, il figlio Aldo Raimondi, 47 anni, Tommaso Drogo, 67 anni, il romeno Andrei Ionut Popa, 35 anni, pure lui abitante a Delia, i sommatinesi Giuseppe Avarello, 39 anni e Giovanni Avarello di 30 e infine gli agrigentini,  Felice Sortino, 48 anni,  Giuseppe Sortino, 44 anni – tutti e due di Palma di Montechiaro – e Domenico Lauricella, 57 anni, di Ravanusa – assistiti dagli avvocati Massimiliano Bellini, Giovanni Di Giovanni, Calogero Buscarino, Monia Giambarresi, Salvatore Patrì, Valentina Di Maio, Marianna Carla Valenti e Giovanna Battaglia  – accusati di intermediazione illecita allo sfruttamento lavorativo e impiego di manodopera in condizioni di sfruttamento.

Queste le ipotesi di reato avanzate dalla procura che ha coordinato le indagini di squadra mobile e nucleo radiomobile iniziate nel 2020. Contestazioni che sono racchiuse in sei capi d’imputazione per fatti che vanno da luglio al novembre di tre anni fa. Lavoro investigativo che ha consentito di tracciare un quadro dettagliato quanto a presunti coinvolgimenti e fatti al centro del dossier ora chiuso.

Braccianti, quasi tutti stranieri – Pakistan, Camerun, Gambia e Marocco – ma ve ne sono alcuni anche di Sommatino e Delia, che sarebbero stati sfruttati anche per otto ore al giorno, senza neanche una pausa per mangiare qualcosa, con paghe decisamente al di sotto rispetto al contratto collettivo provinciale di lavoro per gli operai agricoli.

Tra le pieghe dell’indagine in casa della settantaduenne è stato anche trovato anche un “quaderno di pagamento” in cui venivano annotate giornale lavorative e conteggi.

I “caporali”, secondo la tesi accusatoria, avrebbe fatto leva sullo stato di bisogno degli stessi braccianti sfruttati nelle campagne del Nisseno e dell’Agrigentino, in particolare a Delia, Sommatino, Palma di Montechiaro e Ravanusa, con la presunta compiacenza d’imprenditori agricoli.

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