Caltanissetta – In casa sua, e della madre, i carabinieri s’erano presentati in cerca di armi. Lui che da cinque anni è un collaboratore di giustizia. E invece hanno trovato altro. Un mezzo pesante da cantiere rubato una ventina d’anni prima in Lombardia. Così, alla fine, a finire sotto processo è stata la madre.
Ma adesso è stata assolta e sotto accusa s’è ritrovato proprio il figlio collaborante, il riesino Carmelo Arlotta.
Già, è finito ancora nei guai tra le pieghe del procedimento per ricettazione scattato a carico della madre, la settantaduenne Angela Serio – difesa dagli avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci – che il giudice Marco Milazzo, adesso, ha assolto per non avere commesso il fatto.
Ma tra le pieghe delle dichiarazioni rese dal pentito durante il procedimento a carico della genitrice, alla fine, s’è cacciato nei guai lui. Per tirar via le castagne dal fuoco alla madre, ha ammesso di aver saputo che quella ruspa-escavatore era stata rubata.
Ne era stato denunciato il furto nel lontano 2003 a Muggiò da un imprenditore che, alla fine, ha deciso di non costituirsi parte civile nel procedimento che ne è derivato a carico della donna.
«L’abbiamo portata giù – ha spiegato il collaborante rispondendo alle domande del giudice – … e poi abbiamo saputo che era rubata… ma l’abbiamo tenuta lo stesso». Il riferimento è a lui e al fratello Angelo, anch’egli collaboratore di giustizia.
Queste sue dichiarazioni, da un lato hanno tratto fuori dagli impicci la madre, dall’altro hanno inguaiato lui che, peraltro, oltre un anno addietro è stato condannato a quattordici anni di carcere per un delitto nel Milanese