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Con la cultura FAI pienone. Presi d’assalto Polizzello e il castello di Mussomeli

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Mussomeli –

l sito dei Sikani rivive per un giorno.

“Con la cultura non si mangia”. Lo diceva Tremonti e lo ha sottoscritto Obama. Va da sè che l’infelice uscita dell’allora ministro Giulio Tremonti si commenta da sola. Quindi perchè tornarci? Soprattutto dopo che a ribadirla -con tutti i crismi dell’ufficialità- è stato nientemeno che il presidente USA Barack Obama, a suo tempo salutato con tripudio dall’intellighentia culturale americana ma anche globale. E invece no! Le cose sono andate e vanno in maniera un pò diversa. La questione è forse più complessa e non può essere affrontata nei termini semplicistici dell’equazione “con l’arte non si mangia”.

Nella giornata di ieri, l’apertura del castello e del sito di Polizzello, contestualmente alla XXXI edizione delle Giornate FAI di Primavera, ha fatto registrare, nel piccolo borgo, qualcosa come 2000 presenze. E molti non sono riusciti a visitare i due siti.

Ecco… diciamo che anche i numeri si commentano da soli. Al di là del fatto che… in fondo… è tutta una questione di percezione. Che il FAI (at)tiri è di per sè un fatto acclarato. E’ sempre il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. Con l’apertura di 750 luoghi inaccessibili o poco noti. Peccato che fra questi luoghi poco conosciuti e/o inaccessibili figurino -a buon diritto- i due siti di cui sopra. Per i quali oggi -e nei tanti giorni precedenti- si sono spesi l’amministrazione tutta, in primis nella persona dell’onorevole Catania, con gli assessori che -a vario titolo- hanno contribuito alla buona riuscita dell’evento, la ProLoco, la delegazione FAI di Caltanissetta, gli Istituti superiori Hodierna e Virgilio, con professori e aluni, la Croce Rossa locale con i suoi volontari e i ragazzi del servizio civile. Ad impreziosire ulteriormente la dimora del principe Trabia, restituita a nuova luce dal recente restauro, il cunto cantato di Giuseppe Navarra.

Così muta il paradigma. Il meccanismo virtuoso appare chiaro ed inequivocabile. Un euro “speso” in cultura ne genera almeno tre. Qualora si facesse davvero fatica a pensare che qualcosa possa esistere e persistere pur senza un mero ritorno economico. Lo ricordiamo -a beneficio dei più infedeli- le discipline più elevate sono proprio quelle sganciate da qualsivoglia rapporto di sudditanza col denaro. Perchè libere. Ma ci rendiamo conto che così davvero si potrebbe sconfinare troppo oltre i limiti del ristretto cerchio. Perciò rimaniamo più attaccati alla tesi del ritorno economico che fa stare deisamente più tranquilli. E quieti.

Quello che invece ci inquieta… e parecchio è la domanda destinata a rimanere tale: cosa dovranno aspettare tutti coloro che oggi non sono riusciti a visitare i siti, proprio per esubero di presenze rispetto al previsto? Altri vent’anni? Perchè questo è -ad oggi- il dato relativo alla chiusura del Parco. Vent’anni!

Oggi tutti a fare festa, ad onorare i luoghi sacrissimi della storia e della memoria. In processione, quasi fosse un atto devozionale. Ma domani calerà nuovamente il sipario sui sacelli di Polizzello. E il silenzio avvolgerà le tenebre del maniero.

Adesso sì lo sconfinamento si impone necessario.

Se si è potuto fare oggi lo si potrà fare anche domani. In barba ad ogni trafila burocratica se questa deve servire solo da deterrente alla valorizzazione del giacimento culturale di cui il nostro territorio dispone. Due anni di pandemia ci hanno insegnato a diventare selettivi per necessità. Abbiamo imparato a circondarci delle cose e delle persone che ci fanno stare bene. Il resto è noia. Siamo diventati più esigenti ed oltremodo intransigenti. Un dato scomodo col quale -prima o poi- bisognerà venire a patti.

E comunque oggi si è anche mangiato!

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