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Coronavirus: ecco chi sono vittime e untori nel Vallone

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MUSSOMELI – Il delirio e la stupidità legati alla psicosi del Coronavisrus, a Mussomeli,  hanno il volto innocente e triste di Jian (nome di fantasia che in mandarino significa salute), giovanissimo  studente cinese che trascorre la ricreazione in solitudine, emarginato da tutti i compagni come se fosse un appestato. Oppresso da una  patologia che ha provocato più vittime di qualunque pandemia: il pregiudizio. Jian è la prima vittima nel Vallone di questa epidemia di disinformazione. Così come tutti gli altri bambini e persone  cinesi colpiti dallo stigma sociale a causa della nazionalità. Il Coronavirus ha più intelletto di certi uomini, sa che le persone sono tutte uguali e, a prescindere da forma di occhi, si propaga tra esseri umani. Il contagio non avviene per razza o passaporti. I veri  untori sono i portatori di questa stupidità conclamata, immune a ogni vaccino di buonsenso, che sconoscono o disconoscono le evidenze scientifiche e si lasciano manipolare da suggestioni instillate dalla Rete che straripa di fake news.  Una ignoranza che si sta diffondendo anche grazie alla complicità  di Istituzioni e media che hanno avviato una campagna di terrorismo psicologico. Una caccia alle streghe che non ha risparmiato nemmeno Mussomeli e il circondario. La seconda vittima, infatti,  di questo chiacchiericcio è una persona di origine orientale  che il gossip paesano addita come “infetta” per il solo fatto di essere, sempre secondo rumors non confermati, reduce da un recente viaggio in Cina in data imprecisata. I megastore, gli enormi bazar con le lanterne rosse sono vuoti. Non per nazionalismo o un’improvvisa vocazione all’acquisto etico. Fino all’altro ieri la sicurezza e la salubrità dei prodotti non ci interessava. Abbiamo evitato di chiederci se dietro un prodotto ci fosse sfruttamento del lavoro, se gli oggetti rispettassero le normative e se non fossero composti da materiali tossici. La convenienza del tutto a un “eulo” o poco più bastava a zittire il nostro senso etico e  ogni istinto di sopravvivenza.  Annebbiati come eravamo dal morbo del risparmio, noncuranti del numero spropositato di   negozi piccoli e storici  che hanno abbassato le saracinesche, abbiamo sviluppato una repulsione per prodotti e venditori locali.  Ora una sciagurata fobia ci porta ad evitare gli oggetti “made in China”, una improvvisa avversione per esorcizzare le nostre paure più irrazionali e infondate. Intanto al nord scuole e università chiudono ed è previsto il ritorno dei tanti studenti del Vallone sparsi per gli atenei di mezzo mondo. Sono in tanti a tremare. “In fondo lo spopolamento –ragionano in pochi ma non troppo – ha i suoi vantaggi. Che restino dove sono, invece di infettare l’ultima cosa che è rimasta a Mussomeli e nel Vallone: l’isolamento anche dal Coronavirus”. Chi scrive ha notizia di gesti di inaudita spregiudicatezza e insensatezza. Un padre, ad esempio,  per evitare che il figlio prendesse aereo, treno o mezzi pubblici  è andato a prelevarlo da Milano in automobile, trasformata e allestita in camera sterile, immagino. In questo clima di generale onnubilamento delle coscienze, in tempo di carnevale senza costumi e maschere,   non ci resta che proteggerci indossando guanti e mascherina, magari  sottacendo ai più esagitati che sono “made in China”.

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