Caltanissetta – Così hanno ucciso mio figlio. È salito sul pretorio e in aula, non senza commozione, ha ricordato i terribili momenti dell’agguato. Teso a lui, rimasto poi ferito e al figlio che, invece, è morto. Era il 24 settembre di ventuno anni fa.
Il racconto è stato reso al processo su mafia e delitti che s’è aperto in corte d’Assise a Caltanissetta e che è incentrato su cinque omicidi e tre falliti agguati messi a segno tra il 1992 e il 1998.
A ripercorrere quei minuti tragico è stato un pastore riesino, Salvatore Pirrello, che ha raccontato di quando, in auto, lui e il figlio diciassettenne Andrea sono stati bersaglio di una decina di colpi d’arma da fuoco sparati dai killer.
Poi il teste ha raccontato della fuga, di passanti che hanno soccorso lui e il figlio. Ma il suo ragazzo, nonostante sia stato subito sottoposto a un delicato intervento chirurgico, poi è deceduto. Mentre il genitore, lo stesso che adesso ha raccontato in aula, se l’è cavata con una ventina di giorni di convalescenza per i colpi d’arma da fuoco che lo hanno raggiunto in parti non vitali.
Questo è uno degli episodi al centro del procedimento a carico boss Pino, Francesco e Vincenzo Cammarata, il boss di Mazzarino, così com’è indicato il cinquantacinquenne Salvatore Siciliano, il quarantacinquenne Giovanni Tararà pure lui mazzarinese ed i riesini, Gaetano Cammarata di 45 anni, Salvatore Salamone, 82 anni, Franco Bellia, 48 anni e Orazio Buonprincipio di 51 – difesi dagli avvocati Ernesto Brivido, Vincenzo Vitello, Danilo Tipo, , Carmelo Terranova, Davide Anzalone, Adriana Vella e Isabella Costa – tirati in ballo, a vario titolo, per la catena di agguati al centro del dossier.
Il Comune di Riesi ed i familiari delle vittime – assistiti dagli avvocati Annalisa Petitto, Boris Pastorello, Walter Tesauro, Maria Giambra, Anna Maria Sardella, Paolo Testa, Giovanni Vetri,, Antonio Gagliano e Vincenzo Salerno – sono parti civili