Vallelunga – Ognuno di loro, a cominciare dal boss di Vallelunga, avrebbe rivestito un ruolo ben preciso in un delitto che sarebbe maturato per vendetta. Ma tutti e quattro sono stati rinviati a giudizio.
Sono il capomafia settantatreenne di Vallelunga, Giuseppe «Piddu» Madonia, il sessantaduenne Angelo Palermo, il presunto boss cinquantatreenne sancataldese Cataldo Terminio e il cinquantaduenne Angelo Bruno Greco – difesi, , dagli avvocati Flavio Sinatra, Crtistina Alfieri, Michele Micalizzi, Eliana Zecca e Sergio Iacona – per i quali il gup Valentina Balbo ha disposto l’apertura di un procedimento.
Sono stati chiamati in causa, a vario titolo, per l’omicidio del gelese Giuseppe Failla, assassinato a colpi di pistola il 9 ottobre dell’ormai lontano 1988.
Ed i familiari della vittima – assistiti dall’avvocato Giovanni Bruscia – hanno chiesto di costituirsi parte civile nel procedimento.
Ognuno dei quattro, secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo ben preciso. Il placet sarebbe arrivato da «Piddu» Madonia nella veste di rappresentate provinciale di Cosa nostra.
A fare fuoco sarebbe stato Terminio per vendicare l’uccisione del padre, Nicolò Terminio, finito nel mirino dei killer, a San Cataldo, il 17 aprile del 1982. Palermo avrebbe fatto da autista e Greco avrebbe fornito appoggio.
Failla è stato ucciso alle prime luci dell’alba nel suo bar di via Cadorna, a Gela. Ma per tantissimi anni le indagini sono rimaste al palo. Poi, grazie a collaboranti, è arrivata la svolta.