Caltanissetta – Indagini sul ritrovamento dell’agenda rossa del procuratore Paolo Borsellino coperte da segreto. Lo ha ribadito a chiare lettere il pm Maurizio Bonaccorso applicato nel processo d’appello per depistaggio sule indagini. Parentesi che vede sotto accusa tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei che facevano parte del gruppo d’indagine Falcone- Borsellino.
Lo stesso pm ha così chiarito perché sia stato anche negato l’accesso agli atti a legali di parte civile, in particolare gli avvocati Giuseppe Dacquì, Rosalba Di Gregorio, Fabio Trizzino e Giuseppe Scozzola. Per loro solo verbali di sommarie informazioni di poliziotti sentiti quattro anni addietro. E che sarebbero riusciti a offrire all’indagine nuovi spunti.
A essere coperto dal segreto investigativo sono gli esiti della perquisizione effettuata in casa dei familiari di Arnaldo La Barbera a capo del gruppo d’indagine Falcone-Borsellino.
Poche settimane fa, peraltro, la procura di Caltanissetta ha chiuso nuove indagini per il depistaggio sulla strage di via D’Amelio. L’avviso di conclusione è stato notificato ad altri quattro poliziotti – Maurizio Zerilli, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi e Angelo Tedesco – che avrebbero in qualche modo coperto, secondo la tesi dei magistrati, l’operato dei tre loro colleghi ora sotto processo in appello. E, ai pm, avrebbero fornito false dichiarazioni.
Il nome di Zerilli, peraltro, è saltato fuori anche in un altro procedimento d’appello in corso a Palermo, per i delitti del poliziotto Nino D’Agostino e della moglie incinta Ida Casteluccio, uccisi a colpi di pistola il 5 agosto 1989. La sua firma risulterebbe in un verbale che avrebbe prospettato al padre dell’agente ucciso, Vincenzo D’Agostino, anche il falso pentito Vincenzo Scarantino, che gli sarebbe stato prospettato, invece, come poliziotto. Altri coni d’ombra che si aggiungono ai tanti che già aleggiano.