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Estorsione, parola alla Cassazione per un imprenditore

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Caltanissetta – Parola alla Cassazione. Così per il caso giudiziario legato a un imprenditore finito sul banco degli imputati per questioni estorsive.

Dopo le condanne rimediate sia in primo che in secondo grado, adesso toccherà alla Suprema Corte valutare la questione.

Quella che riguarda l’imprenditore gelese Sandro Missuto ritenuto colpevole di presunte richieste estorsive alla società romana Safab che, in questo caso, ha curato i lavori per la diga Disuieri.

Nel primo passaggio in aula l’imputato è stato condannato a nove anni di reclusione. Poi , in appello, è arrivata una drastica riduzione.

Ma non soltanto è arrivato il colpo di forbice alla pena, ma anche la revoca del sequestro di un paio di aziende che fanno capo allo stesso imprenditore.

Sì perché è stato assolto per altre sospette richieste estorsive, ma non nei confronti della società romana che è costituita parte civile nel procedimento.

Secondo gli inquirenti l’imprenditore sarebbe stato il punto di contatto tra estorsori ed estorti. Il canale per le presunte pressioni.

Fin qui l’accusa. Perché, di contro, la difesa ha sempre respinto la tesi accusatoria. Piuttosto – secondo la tesi a discolpa – lui sarebbe stato vittima di richieste da parte della mafia.

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