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I coniugi e insegnanti Giovanna Russo e Vincenzo Calafiore. I Quaderni del Càrmine (a cura di Don Salvatore Falzone)

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Mussomeli –  (di Don Salvatore Falzone) A poco più di cento anni dalla nascita della maestra Giovanna Russo Calafiore esce un fascicoletto in sua memoria. La prossima pubblicazione del quarto quaderno del Càrmine risulta un omaggio a due insegnanti (maestra Giovanna e il marito, prof. Vincenzo Calafiore) molto stimati dalla popolazione di Mussomeli.

Tracce di vita
Vincenzo Calafiore nasce a San Biagio Plàtani (in provincia di Agrigento) il 5 settembre 1919, da Salvatore e Angela Bruno. Il padre è gestore di un molino, di un impianto elettrico e di altre opere pubbliche. La madre, dopo la nascita del bimbo, muore dopo alcuni mesi; l’infante è portato a Mussomeli e qui viene cresciuto dalle zie. Il fanciullo completa i primi studi presso i Padri Bianchi di Catania e più avanti, ormai giovane, consegue il diploma magistrale a Caltanissetta nel 1941. È in corso la seconda guerra mondiale e l’Italia vi si trova trascinata a causa del fascismo, alleatosi con la Germania. Vincenzo insegna mentre è in corso la guerra: accetta alcune supplenze, più avanti assume l’incarico pieno. Nel frattempo non trascura gli studi pedagogici e si laurea a Messina nella Facoltà di Magistero nel 1946. È amante dello sport e, in particolare, del calcio; a scuola cura l’educazione fisica e le manifestazioni sportive. Eredita dagli anni trenta l’idea che l’esercizio ginnico sia una prova di carattere e di volontà. Il suo temperamento battagliero lo conduce a trasmettere agli alunni l’educazione della volontà, il senso della sfida e dell’impegno assiduo. Le prime esperienze di insegnamento si svolgono sia nei paesini intorno a Mussomeli, sia nelle scuole rurali. Nelle campagne le classi maschili, ai primi livelli, sono riunite insieme e i libri di testo sono insufficienti. Le strade d’inverno sono scarsamente percorribili e i disagi del freddo non mancano nei locali rustici. Il maestro insegna ad esempio a Canzirotta (conosciuta pure come Fanzarotta); qui si impegna tanto, riuscendo a colmare le lacune della scolaresca e cercando di completare il programma. Dal 1° dicembre del ’44 al 30 giugno del ’45 il maestro Calafiore svolge una supplenza nella scoletta che si trova a Mandra di Piano nel territorio di Polizzello. Da una carta del 30 giugno 1945 si estrae un notevole giudizio dell’ispettore scolastico, controfirmato dal direttore didattico cav. Pietro Immordino: «Lodevole l’attività svolta nella scoletta di campagna ed in mezzo a tanta difficoltà e pericoli. […] Insegnante attivo, diligentissimo, disciplinato, capace. Ha saputo svolgere una proficua opera [di] educatiere [sic] nella sua scoletta rurale e presso le famiglie di cui ha saputo cattivarsi la simpatia. È benvoluto da tutti per la sua bontà e per il suo carattere aperto e gioviale».1

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Archivio dell’Istituto Comprensivo «Paolo Emiliani Giudici» di Mussomeli, sez. Docenti, cartellaVincenzo Calafiore.
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Finita la guerra in paese è rientrata Giovanna Russo, nata da Salvatore e da Vincenza Caltagirone il 23 marzo 1922. Si è diplomata nel 1945 presso il prestigioso «Istituto Regina Elena» di Acireale. In quel tempo presso la chiesa di Sant’Antonio si era costituito il sodalizio dell’Apostolato della preghiera (la prima riunione si tenne il 3 maggio 1942). Vi partecipano alcuni parenti stretti della nostra maestra di cui una, Giovanna Russo, viene eletta superiora. Al sodalizio si aggregano un centinaio circa di pie donne più o meno agiate, come attesta un piccolo registro superstite fra le carte storiche della chiesa di Sant’Antonio. Bisogna precisare che il padre della giovane insegnante si era sposato due volte: da primo letto erano nati Caterina, Carmelina e Giovanni e da secondo letto erano nati Giovanna e Calogera. Infine nella cerchia dei Russo c’era pure un sacerdote maestro, don Giovanni Russo.Nei primi anni di carriera la maestra ricopre una serie di supplenze che durano pochi mesi oppure accetta incarichi nelle scuole rurali, in località come Buonanotte, Canzirotta e Polizzello. Si reca ad insegnare anche fuori paese, nelle scuole materne ad Acquaviva Platani e a Bompensiere. Insegna sia nelle scuole popolari, sia nelle scuole cattoliche, come l’Asilo infantile presso l’Orfanotrofio «Sorce Malaspina» (1947-48).
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Sul finire degli anni quaranta Giovanna e Vincenzo si fidanzano; infine si sposano di mattina nella Chiesa madre del paese, in data 16 maggio 1951. Al momento delle nozze lei ha 29 anni e lui 31 anni, già laureato in pedagogia. La maestra Giovanna, dall’ottobre 1956, viene assunta di ruolo ed è insegnante nelle scuole elementari. Entra perciò nella Direzione didattica di Mussomeli (Provveditorato agli studi di Caltanissetta). Al pari di altri insegnanti fa il giuramento di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del suo ufficio sia nell’interesse dell’amministrazione scolastica sia per il bene pubblico. La sede dove più a lungo si dispiega l’impegno educativo dei due coniugi è la Scuola elementare statale «Giuseppe Messina» in Via Pola. Lei dapprima insegna nelle classi femminili, poi col progredire della sua carriera, assume pure la direzione di classi miste. Si dedica pure alla famiglia; quando è necessario prende alcune settimane di congedo per via della maternità. I figli che nascono dai due insegnanti sono Salvatore (classe 1952) e Rosangela (classe 1954).
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Le classi scolastiche a Mussomeli sono riunite nello stabile San Domenico, ovvero l’ex convento dei domenicani, presso il Santuario mariano del paese. Le classi maschili sono composte di più di trenta alunni. Dopo le prime esperienze scolastiche svolte nelle campagne, il maestro Calafiore insegna in paese; dapprima nel plesso di San Domenico e poi in Via Pola dove sorge un nuovo edificio dedicato al gesuita orientalista Giuseppe Messina. Il maestro diviene pure dirigente della refezione scolastica e collaboratore assiduo della direzione, tanto da essere nominato vicario e svolgere tale mansione fino al suo ritiro dalla scuola. Apprezzato per il suo alto senso dell’ordine e della disciplina, esercita una certa leadership, è apprezzato per la sua oratoria e per le qualità di carattere solido. Nel 1962 gli è conferito un diploma di benemerenza: dal Ministero della Pubblica Istruzione viene stimato «per l’opera zelante ed efficace svolta a favore dell’istruzione elementare e dell’educazione infantile». Attento alla vita civile ed amministrativa del suo paese, il maestro Calafiore diviene consigliere comunale nel corso degli anni settanta e tenta pure la via delle elezioni regionali nelle liste del Movimento Sociale Italiano. Nell’agone politico esercita pure il contraddittorio, ma nell’ambiente scolastico si impegna per un’educazione lineare dei fanciulli. I turbamenti occasionali non offuscano l’alto senso della missione pedagogica che è chiamato a svolgere e la disciplina scolastica che sa impartire. Egli, al pari di altri insegnanti, conosce l’indole dei fanciulli e sa che senza porre alcun freno al loro egoismo e alla loro cattiveria si reca un danno alle famiglie e alla comunità civile. Coltiva gli studi di pedagogia moderna, cura la crescita dei propri figli, si interessa della cronaca nazionale. A scuola, se mancano strumenti, introduce lui stesso materiale didattico; è costante la sua presenza a scuola e poche volte prende dei giorni di permesso per motivi di salute o di famiglia; nel corso dell’anno scolastico 1963-64 promuove una colletta per le vittime del disastro del Vajont (9 ottobre 1963) che aveva colpito pure gli abitati del fondovalle, come Longarone. Fra gli agenti del soccorso vi erano pure reparti delle forze armate, fra cui gli alpini che in quell’occasione (uscendo da un contesto strettamente militare) esprimono un alto senso di educazione civica e di solidarietà nazionale.
Lungo gli anni della sua carriera scolastica il maestro Calafiore non manca di aggiornarsi sui problemi di educazione dell’infanzia e della scuola elementare; in modo pressoché costante partecipa ai convegni locali. Nel complesso il maestro viene apprezzato per le sue capacità didattiche e professionali, per la sua preparazione in campo pedagogico, per il suo senso di osservazione psicologica. Si ritira dalla scuola nel corso del 1983, dopo aver svolto 34 anni pieni di onorevole servizio. Muore il 13 dicembre 1997.
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Anche la maestra Russo si distingue per impegno assiduo, serietà professionale e zelo educativo. Nei Verbali di visita dagli anni sessanta in avanti, più volte, è annotato che l’impegno della maestra si dispiega in modo continuativo ed efficace. Gli ispettori scolastici accertano che le finestre siano ampie e gli ambienti ben esposti al sole; che vi sia buon materiale didattico (alfabetiere murale, stampe illustrative, carte geografiche e piante ornamentali), che l’arredo di banchi, sedie, lavagne sia sufficiente, che l’abito delle allievesia completo di grembiule e colletto. Viene asseverato che la condotta morale e civile della maestra Russo è ottima, che è una maestra tecnicamente preparata e capace, che è volenterosa e preparata in senso professionale, che cura l’insegnamento della lingua italiana, della storia e della geografia, dell’aritmetica e della geometria. Le materie sono così distribuite: religione, educazione civica, lingua italiana, aritmetica e geometria, storia, geografia, scienze, disegno, scrittura. Lei ci tiene in particolare alla calligrafia e in vari modi ne fa apprezzare i vantaggi agli alunni. Nel piano scolastico sono previste pure esercitazioni di canto, attività manuali ed esercitazioni fisiche. Il repertorio dei canti varia: patriottici, religiosi e popolari. Della maestra Giovanna, attenta alla formazione integrale degli alunni, i superiori scrivono che è osservante dell’orario scolastico, che segue gli alunni con affetto e particolare interesse, che le aule sono arredate con vari strumenti, che il comportamento della maestra verso le autorità scolastiche, verso le famiglie, verso i colleghi e verso gli alunni è corretto, che gode di stima e finanche di prestigio per le sue spiccate doti didattiche e pedagogiche.2

Ad esempio: dal verbale del 13 maggio 1964 emerge secondo l’ispettore scolastico che: «La maestra adotta un metodo proprio che si avvicina al globale. A tal uopo ha steso un piano di lavoro personale, tenendo conto dell’ambiente circostante e psicologico delle alunne. Trovo bene avviato lo studio delle attività espressive. Le alunne scrivono pensierini alla lavagna con l’aiuto della maestra, leggono benino, recitano poesie». Mentre dal verbale del 15 febbraio 1973 si rileva che: «Il programma viene regolarmente svolto. Le alunne leggono speditamente. Hanno eseguito un saggio critico e quasi tutte riescono ad esprimersi e a farsi capire. Nel calcolo e nelle cognizioni di geometria, la scolaresca manifesta una apprezzabile preparazione che richiede maggiore approfondimento. L’insegnante ha lavorato con competenza, costanza e intelligenza, curando tutte le discipline». L’unico rilievo che viene fatto è di incrementare negli alunni la capacità di esporre a voce un argomento. Segue pure corsi di aggiornamento; ad esempio sull’educazione sanitaria e civica. Si mette in pensione nel corso del 1984 e muore il 27 giugno 2006. Per entrambi i coniugi le onoranze funebri si sono svolte nella Chiesa di Sant’Antonio abate.

2 Ivi, cartella Calafiore Giovanna Russo.
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Quale era l’approccio pedagogico degli insegnanti Russo e Calafiore? Seguendo un indirizzo che derivava dalla Riforma Gentile si attingeva alla religione cattolica sia come fondamento dell’educazione morale, sia come coronamento delle virtù. La tensione etica e l’aspirazione alle virtù era una dimensione prevalente nel loro insegnamento che nel secondo dopoguerra si era aggiornato, accogliendo impulsi sia dal personalismo cristiano sia dal modello pedagogico introdotto da Maria Montessori. Il fanciullo, insomma, va accolto in base alla sua indole e alle sue capacità; si deve tener conto dell’estrazione familiare e dell’ambiente sociale da cui proviene; l’insegnante ha il difficile compito di valorizzare le caratteristiche della scolaresca. Il senso della disciplina viene inculcato al fine di acquisire il dominio di se stessi, la conoscenza dell’ambiente circostante, lo sviluppo della volontà. Attingere alla religione per l’educazione morale e alla storia per l’educazione civica equivale a formare buoni cittadini; non a caso si guardava con favore sia all’antichità romana, sia alla storia del Risorgimento, per impartire educazione civica scorrendo le pagine della storia come deposito di modelli etici. Negli anni cinquanta e sessanta trovava credito il cosiddetto metodo globale: ovvero le varie materie era interconnesse grazie ad un approccio umanistico. Allo sviluppo coeso delle conoscenze contribuivano secondo i due insegnanti anche le esperienze di socialità, come momenti di
vita comune (esercitazioni ginniche, partecipazione a spettacoli didattici, caroselli canori). Promuovere i fanciulli significa quindi stimolare in loro obiettivi da raggiungere, così da migliorare con tenacia intelligenza e volontà. Anzi l’esercizio di volontà, sollecitato con metodo attraente e parola persuasiva dell’insegnante, fa sì che il fanciullo si predisponga bene a incrementare il senso etico ed estetico dell’ordine, acquisti un rapporto equilibrato con l’autorità, e infine dia corso alle funzioni del linguaggio. Seguendo le parole di un ex allievo a proposito della maestra Giovanna: «Ricordo sempre la mia meravigliosa maestra perché mi ha dato le basi solide del mio sapere, è lei che mi ha sempre seguito e corretto con amore ogni volta che sbagliavo. Mi ha insegnato che le regole sono fondamentali nella vita ed è questo che distingue l’uomo dagli animali» (Gianfranco Amico, messaggio del 5 ottobre 2022).

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