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“I rischi anche penali per chi viola le norme anti contagio”. Parla l’avvocato Gero Salamone

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Mussomeli – L’avvocato Gero Salamone ci offre un prezioso contributo in questi giorni di grande confusione, sulle conseguenze giuridiche  penali derivanti dalla inosservanza delle disposizioni dettate dal DPCM del 9 marzo 2020 al fine di arginare la trasmissione del virus.

Cosa rischia legalmente chi non rispetta le prescrizioni imposte dal Governo, le quali prevedono delle forti limitazioni agli sposamenti delle persone?

Il provvedimento del Governo prevede delle limitazioni alla libera circolazione dei cittadini su tutto il territorio nazionale, consentita se lo spostamento  sia per motivi di salute,  di lavoro o per altra necessità attraverso una dichiarazione da compilare ed esibire ai controlli effettuati dalle forze dell’ordine. La violazione di tale provvedimento comporta, come previsto dall’art. 650 c.p., l’applicazione della pena dell’arresto sino a 3 mesi o l’ammenda sino a 206 euro.

Si tratta, come è evidente, di provvedimenti che limitano la libertà di ogni cittadino ma che trovano copertura costituzionale all’art. 16 Cost. che recita testualmente: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”

 

Cosa accade se vengono rese dichiarazioni non vere nel documento da esibire alle forze dell’ordine?

 

In questo caso al reato di cui all’art. 650 c.p. pocanzi descritto si affianca anche il reato di cui all’art.

483 c.p. ossia  falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico il quale prevede la pena della reclusione sino a due anni.

 

Chi contagiato dal virus invece non rispetta l’obbligo di quarantena domiciliare?

 

Si potrebbe configurare il reato  di cui all’art. art. 452 c.p. rubricato “Delitti colposi contro la salute pubblica” che prevede una pena sino a 5 anni di reclusione. Ovviamente se la violazione dell’obbligazione domiciliare avviene con la coscienza e volontà di voler diffondere l’epidemia cercando appositamente contatti con altre persone  si risponde del diverso e più grave reato di epidemia di cui all’art.  art. 438 c.p.  il quale recitaChiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.

Laddove, invece, chi contagiato con la sua condotta provoca ad una o più persone una malattia fisica o mentale risponde del reato di lesioni rischiando sino ad un massimo di 12 anni di reclusione,  o addirittura una pena non inferiore agli anni 21 qualora ne derivi la morte rispondendo in tal caso del delitto di omicidio nella forma del dolo eventuale.

 

Si assiste in questi giorni di emergenza a notizie allarmanti che girano anche per i social network che magari poi si rilevano non vere. Cosa si rischia in questo caso?

 

Una condotta senz’altro deprecabile, tenuto conto della situazione delicata che sta attraversando il nostro Paese.  Ma vi è un’ apposita norma del Codice Penale, ossia l’art. 658 c.p., che sanziona con la pena dell’arresto sino a 6 mesi o l’ammenda sino 516,00 euro tutte quelle condotte che provocano un false allarme nelle Autorità, o presso gli Enti (anche comunali) o in persone che esercitano un pubblico servizio come il personale sanitario.

Sembra logico aggiungere che non si può delegare tutto al Codice Penale, del resto un cattedratico penalista definiva le norme penali come tante isole sommerse in un mare di libertà. Sta a noi farci guidare da un alto senso di auto responsabilità

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