Acquaviva Platani – Certi treni passano non una ma troppe poche volte. feramta di Acquaviva Platani, ieri, domenica pomeriggio, nella stazione che si poggia sullo stesso pianoro che ispirò Salvatore Quasimodo per la stesura di “Che vuoi pastore d’aria?”, dalle 15, 30 una solitudine spettrale in 15 minuti scarsi lascia il posto a un ressa costituita da un esercito di pendolari. Non solo studenti ma anche turisti e lavoratori. “Costa meno e si fa prima che con l’auto” mi confessa un infermiere del Vallone che lavora nel capoluogo e aggiunge: “speriamo solo che riusciremo a trovare posto“. Sul momento non capisco, la campanella inizia suonare e ci avvisa dell’imminente sopraggiungere del treno proveniente da Agrigento. Il convoglio arriva, quattro vagoni, troppo pochi per i passeggeri che dovranno recarsi a Palermo. Muovendomi nello scompartimento, senza merito e solo per fortuna, trovo un posto a sedere, sottratto a un cane in gabbia che dovrà proseguire il suo viaggio a terra. Alla fermata successiva a Cammarata, a meno delle metà della tratta, è sold out, nessuno trova un posto, la gente in piedi si accalca a ogni fermata successiva, le scene richiamano quella della metropolitana giapponese dove spingono le persone per farle incastrare quasi che fossero intarsi. Intanto gli assembramenti non fanno più paura, ormai è il fuoco di sant’Antonio il sostituto del Covid. “Piuttosto che nulla meglio piuttosto” e nulla è la Palermo Agrigento attraversata con il proprio veicolo, strada dai tempi di percorrenza biblici, un cantiere di disagi, un percorso di guerra asfaltato con il sangue dei troppi automobilisti a cui ha sottratto la vita. Siamo arrivati a Palermo, un altro giorno di ordinaria follia in treno è trascorso tra legittimi mugugni, incredulità mista a rassegnazione, imprecazioni dei viaggiatori. Nonostante questa impennata di viaggiatori su rotaie Trenitalia non potenzia il servizio. Servirebbero più corse, più vagoni, più lavori e, invece, ad aumentare sono solo disagi, e, forse, costo, della tratta. Se chi si ferma è perduto, in Sicilia, chi viaggia è rovinato.