Caltanissetta – Il figlio era già maggiorenne e aveva anche un lavoro. Da qui la richiesta da parte del padre, separato dalla moglie, di ridurre l’assegno di mantenimento di 110 euro al mese.
Ma alla fine il suo reclamo è stato respinto. Sì, perché la corte d’Appello di Caltanissetta presieduta da Giuseppe Melisenda Giambertoni – nel rigettare l’istanza del ricorrente – così da accogliere le richieste avanzata dalla moglie, la cinquantenne F.G., assistita dall’avvocato Rosario Didato – ha confermato la sentenza che era stata emessa dal tribunale nisseno presieduto da Calogero Domenico Cammarata.
E l’uomo, R.A., è stato pure condannato al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, mentre tra le pieghe del suo reclamo aveva chiesto che fosse la controparte a versarle. Fermo restando la situazione, compreso l’assegno che versa all’ex moglie dopo il divorzio.
Il legale della donna ha fatto proprio un principio della Cassazione e la Corte di Appello di Caltanissetta ha condiviso la tesi.
Secondo l’avvocato Didato non vi sarebbero stati i presupposti per la revoca o riduzione dell’assegno in favore del figlio, perché questi non avrebbe raggiunto l’indipendenza economica.
«Il reddito percepito dal figlio delle parti deriva dall’attività di lavoro dipendente, sulla base di un
contratto part time, di per sé inidoneo a renderlo economicamente autosufficiente, come ben sa
il di lui padre, odierno reclamante», ha sottolineato il difensore della donna.
« Peraltro, il giovane – ha aggiunto – continua a vivere, con la madre, attualmente
inoccupata, nella casa coniugale, assegnata a quest’ultima con la sentenza di divorzio, non
perchè “mammone”, bensì perchè non dispone di un reddito sufficiente per condurre in
locazione un immobile, tantomeno per acquistare un’unità abitativa dove andare a vivere da solo anche in ragione del fatto che contribuisce, nei limiti delle sue modeste possibilità
economiche, pure al pagamento delle utenze domestiche».