Caltanissetta – La droga trovata in casa non era sua ma del figlio. Tant’è che lui è stato assolto dal giudice mentre a carico del figlio sono stati trasmessi gli atti alla procura.
È l’epilogo del procedimento che si è celebrato a carico del cinquantenne nisseno Emanuele Giardina – assistito dall’avvocato Dino Milazzo – accusato di detenzione e spaccio di stupefacenti.
Contestazione scattata a suo carico perché in casa gli hanno trovato droga – poco meno di un etto di hashish – soldi e attrezzatura sospetta.
Ora il giudice, accogliendo la tesi difensiva, lo ha assolto «per non avere commesso il fatto», a fronte di una richiesta di condanna a 2 anni e mezzo di reclusione avanzata dal pubblico ministero al termine della sua requisitoria
I guai per lui sono iniziati quando, a metà ottobre di tre anni fa, una pattuglia di polizia lo ha intercettato per strada. È stata perquisita la sua auto e lì dentro non è stato trovato nulla. Così come addosso al lui.
Ma poi l’ispezione si è spostata in casa sua. E lì sono saltati fuori sostanza, soldi e altra attrezzatura ritenuta utile al confezionamento in dosi.
Più in dettaglio sono stati rinvenuti dagli agenti poco meno di cento grammi di hashish – in particolare 98 grammi o poco più – oltre a 447 euro ritenuti frutto di una sospetta attività di smercio.
Ma v’è dell’altro. Sempre in casa sua sono stati trovati un bilancino di precisione, un cutter ancora sporco di sostanza, un grinder che sarebbe stato usato per triturare la marijuana, un coltello e un rotolo di carta stagnola che, secondo la tesi accusatoria, avrebbe rappresentato tutto il necessaire per il confezionamento in dosi.
Ma, adesso, è passato il teorema che quella sostanza trovata in casa non sia sta del padre ma, piuttosto del figlio, per il quale gli atti sono stati trasmessi alla procura.