Mussomeli – A rompere lo spettrale silenzio che aleggia tra i vicoli e le case disabitate non solo del centro storico di Mussomeli ma di tutti i centri del Vallone potrebbero essere i profughi della guerra che vede contrapposti le nazioni guidate da Putin e Zelens’kyj. Solo nel centro manfredronico, a fronte di meno di 10 mila residenti effettivi, ci sono edifici che, secondo stime prudenti, potrebbero ospitare da venti a venticinquemila persone. Individuare alloggi con cinquanta o cento posti letto è tutt’altro che impossibile. Così soffierebbe un vento non di guerra ma di vitalità che potrebbe restituire dignità a luoghi e persone a cui per, motivi diversi, è stata calpestata. L’idea è complessa ma non utopica. Molte case non sono ruderi ma immediatamente o facilmente abitabili. I bonus e gli incentivi, magari con qualche intervento normativo ad hoc, potrebbero agevolare la riqualificazione edilizia. Con buona pace di qualche osservatore distratto e di qualche penna spuntata, le donne ucraine non sono cameriere, badanti e amanti. Con 236mila presenze la comunità ucraina in Italia è la più grande d’Europa, integrata e indispensabile al nostro paese. Tra le centinaia di migliaia di sfollati ci sono, ad esempio, medici, musicisti, architetti, insegnanti e soprattutto bambini che esercitano la professione dell’innocenza. Ai coraggiosi a distanza di sicurezza, ai benpensanti sempre pronti a chinarsi all’ipocrisia che muoveranno l’obiezione, per lo più salva coscienza e peraltro raramente attuata, di aiutare i cittadini nel proprio paese, occorre rilevare che dopo una guerra, nostro malgrado, le migrazioni delle popolazioni verso altri stati, sono quasi fisiologiche. Inoltre, proprio per squarciare questo farisaismo imperante, va evidenziato che accogliere una comunità di ucraini non sarebbe un atto altruistico, almeno non solo, ma una operazione anche con utilità a doppio binario. Se è vero, infatti, che si darebbe attuazione all’opera di misericordia di “alloggiare i pellegrini”, è innegabile che questo moto di generosità arricchirebbe anche chi ospita. A noi mancano le persone, i giovani, i bimbi e una casa senza abitanti diventa inutile. Rendersi utili significa dare senso a spazi e abitati, schiacciati dal peso insopportabile dell’altra guerra che qui si combatte e si sta perdendo: quella allo spopolamento.
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