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Mafia, politica e massoneria: blitz dei carabinieri con tre arresti, tra loro un ex consigliere comunale

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Palermo – Mafia, politica e massoneria. Un filo conduttore li avrebbe legati . Un filo spezzato da un’indagine dei carabinieri che ha fatto scattare tre arresti. Tra loro l’ex consigliere comunale di Palermo, Mimmo Russo, in quota a Fratelli d’Italia.

Con lui, finito in carcere, sarebbero invece andati ai domiciliari Achille Andò e Gregorio Marchese perché indagati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata, corruzione, traffico di influenze illecite aggravato dall’aver favorito Cosa nostra.

È tra il 2020 e il 2023 che i carabinieri, su delega della direzione distrettuale antimafia, hanno indagato sulla presunta esistenza di un comitato di interessi, di cui avrebbe fatto parte anche un faccendiere appartenente alla massoneria, impegnato nella costruzione di un centro commerciale a Palermo.

In questa operazione l’ex consigliere comunale – secondo la tesi di magistrati e militari – si sarebbe «adoperato in favore dell’approvazione di una variante al piano regolatore cittadino, tesa a modificare da “verde agricolo” ad “area commerciale” la destinazione dei terreni sui quali avrebbe dovuto sorgere la struttura» e, inoltre, «avrebbe ottenuto, come contropartita, un cospicuo numero di assunzioni nel costruendo centro commerciale, da promettere a soggetti legati alla criminalità organizzata, in cambio del sostegno elettorale dell’organizzazione mafiosa».

Al centro del dossier anche la presunta promessa che l’esponente politico avrebbe ottenuto per una serie di assunzioni in una società impegnata nella grande distribuzione alimentare, in cambio di agevolazioni negli uffici comunali del capoluogo isolano e di un incarico di sottogoverno da attribuire a un rappresentante della stessa società commerciale.

Nel gran calderone anche le sospette pesanti interferenze che lo stesso ex consigliere avrebbe operato nei confronti della società che gestisce l’ippodromo di Palermo e – sempre per l’accusa – «condizionandone l’operato affinché si piegasse al volere dei suoi referenti mafiosi e concorrendo con questi ultimi nella commissione di estorsioni aggravate, ai danni di liberi professionisti che avevano svolto incarichi per conto di quella realtà economico-sportiva e che sono stati costretti, con la minaccia, a rinunciare, in tutto o in parte, al loro compenso».

Questo il quadro indiziario che avrebbe coinvolto sindacalista e amministratore locale e presunti appartenenti a Cosa nostra palermitana.

 

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