Milena – Sarebbe stato il vecchio boss a spostare il corpo del figlio dopo che un killer gli aveva sparato. Tentato una disperata corsa in ospedale per salvarlo. Ma strada facendo si sarebbe reso conto che era già morto e si sarebbe poi diretto a casa. Così da alterare la scena del delitto.
Il padre affranto era Francesco Randazzo indicato a quel tempo come uomo d’onore della famiglia mafiosa di Milena, dopo il ritrovamento del corpo del figlio Salvatore, al quale avevano appena sparato uccidendolo.
Un passaggio, questo, evidenziato da un ex comandante della stazione dei carabinieri in quella che è stata la ricostruzione dell’indagine incentrata su questo delitto che, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe maturato per questioni di donne.
E a fare fuoco contro Salvatore Randazzo, mentre si trovava nella veranda della sua abitazione di campagna di contrada Cimicia, sarebbe stato il cinquantatreenne di Milena, Carmelo Sorce – difeso dagli avvocati Danilo Tipo e Daina Meli – che lo avrebbe finito a colpi di pistola. Era il 5 gennaio del lontano 1998
Nello stesso procedimento dinanzi la corte d’Assise di Caltanissetta anche l’omicidio del montedorese Gaetano Falcone assassinato il 13 giugno del 1998 per questioni legate a Cosa nostra. Questa, almeno, è la tesi accusatoria.
E per questo agguato è alla sbarra il boss di Campofranco, Domenico «Mimì» Vaccaro – assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri – ritenuto il mandante della missione di morte che affonderebbe le radici in una profonda spaccatura, a livello regionale, in Cosa nostra.