Home Cronaca Milena, la “mafia dei campi” tentò spedizione punitiva su un minore

Milena, la “mafia dei campi” tentò spedizione punitiva su un minore

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Milena – È in una comunità alloggio per minori non accompagnati di Milena che il presunto capo della «mafia dei campi», con un manipolo di suoi “soldati”, avrebbe fatto irruzione.
Per consumare, con una sorta di basista, una spedizione punitiva ai danni di un  ragazzo, nato in Costa d’Avorio, che in precedenza aveva avuto problemi con un  altro giovane in qualche modo sotto l’ala della stessa presunta organizzazione che affonda le radici nel delitto del trentaduenne pakistano Adnan Siddique, ucciso per essersi fatto portavoce di un gruppo di connazionali vittima di caporalato.

È in un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Gigi Omar Modica, che questo episodio è ricostruito. Per un dossier

Era il 10 dicembre dello scorso anno quando il commando di pakistani ha fatto irruzione nel casa alloggio di Milena per mettere a segno il raid punitivo.

Grazie all’aiuto del ragazzo che aveva avuto problemi con il bersaglio dell’aggressione – pure lui ospite dello stesso centro – un gruppo di quattro stranieri è riuscito a fare irruzione nella struttura milenese per minorenni non accompagnati-

Prima lo avrebbero intimorito con una pistola poi avrebbero tentato di colpirlo con un coltello. Ma il ragazzo sarebbe riuscito a sfuggire agli assalitori correndo verso il piano di sopra.

Poi sarebbe riuscito a mettersi definitivamente in salvo lanciandosi da una finestra al piano superiore, così da sfuggire ai quattro che lo avrebbero voluto intimorire e pestare. Questa, almeno, è la ricostruzione degli inquirenti.

È una delle contestazioni al centro dell’ordinanza dell’inchiesta «Attila» dei carabinieri che ha ipotizzato a carico di dodici indagati le ipotesi, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento e allo sfruttamento della manodopera destinata a terzi, estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.

In questo contesto i provvedimenti cautelari hanno interessato , il ventisettenne Muhammad Shoaib ritenuto il leader del gruppo , il ventottenne Ali Imran inteso “Muhammad Imran Cheema”, il ventitrenne Bilal Ahmed, il trentaduenne Mohsin Ali, il trentatreenne Shedaz Khuram, il trentasettenne Arshad Muhammad, il ventenne Muhammed Awan Sharjeel, il trentaduenne ShujaatAlì, il ventitreenne Bilal Ahmed, , il quarantottenne Muhammad Mehdi, il trentaduenne Nawaz Muhammad – tutti e dieci  i in carcere – e la ventunenne di Canicattì Giada Giarratana  – assititi dagli avvocati Massimiliano Bellini, Giuseppe Dacquì, Rosario Di Proietto, Diego Giarratana, Vanessa  Di Gloria, Salvatore Baglio, Giuseppe Speranza, Riccardo e Dario Miccichè) – la sola agli arresti domiciliari.

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