Caltanissetta – È per omicidio colposo che saranno processati. Questa l’imputazione contestata a sei medici dell’ospedale «Sant’Elia», sull’onda del decesso di un paziente. Era stato il gup di Caltanissetta, Emanuela Carrabotta , a disporre il rinvio a giudizio accogliendo le richieste del pm Stefano Strino.
Sono stati chiamati in causa per il decesso dell’allora settantaseienne Calogero Paruzzo a causa di un aneurisma dell’aorta addominale. Il suo cuore s’è fermato per sempre, dopo un intervento chirurgico d’urgenza, nel febbraio di quattro anni fa. È entrato in ospedale il 14 febbraio del 2019 ed è morto la mattina del 18 febbraio successivo, dopo essere finito sotto i ferri.
Al cospetto del giudice Giuseppina Chianetta andranno i due medici del pronto soccorso, la quarantanovenne e la quarantunenne Giuseppe Davide Taverna e, ancora, quattro neurologi, la quarantaseienne Rosaria Linda Verniccio, la quarantatreenne Maria Giovana Cantone, il cinquantunenne Roberto Grimaldi e la cinquantaquattrenne Linda Iurato – assistiti dagli avvocati Ernesto Brivido, Walter Tesauro, Giovanni Di Giovanni, Rocco Guarnaccia e Alfio Grasso e Paola Rubino – tutti accomunati dalla stessa imputazione.
I due blocchi – di pronto soccorso e neurologia – sono chiamati in causa per presunte differenti responsabilità, in funzione del ruolo rivestito rispetto al presunto caso di malasanità.
I due medici di astanteria, secondo la procura, non avrebbero raccolto in maniera corretta i dati anamnestici, sentendo magari i familiari. Questo, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe consentito di accertare che la madre della vittima era deceduta per aneurisma aortico. E, inoltre, avrebbero omesso un accurato esame che avrebbe consentito di svelare la presenza di «una massa pulsante in addome».
I loro colleghi del reparto di neurologia, invece, non appena il paziente è stato affidato a loro, non avrebbero effettuato attenti esami che avrebbero potuto rivelare la presenza di una «dilatazione aortica addominale». E, peraltro – è sempre la tesi del pm – non lo avrebbero subito sottoposto a Tac. È stata effettuata solo la notte del 16 febbraio consentendo di appurare «la rottura del grosso aneurisma dell’aorta addominale».
Da qui l’intervento chirurgico d’urgenza. Ma la mattina del 18 il qadro clinico è improvvisamente peggiorato fino all’irrimediabile.
È stata poi la denuncia dei familiari a fare scattare l’indagine a carico di sei medici nei confronti del quale il figlio della vittima – assistito dall’avvocato Massimiliano Bellini- sarà parte civile.