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Non negativi ma liberi di uscire. Gli strani casi dei positivi a lungo termine

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Mussomeli – Guariti per il sistema sanitario, positivi per il datore di lavoro ed esito incerto per l’interessato. E’ successo nel Vallone ma sono casi “border line” che si sono verificati  in tutta Italia durante l’attuale epidemia. In altre parole, negativi per scadenza dei termini. Sono i casi di positivi a lungo termine. In questo caso può succedere che una persona nonostante sia positiva, venga liberata  dalla quarantena per “scadenza di termini”. Lo prevede la circolare ministeriale dello scorso 12 ottobre che nelle  indicazioni riguardo la durata e il termine dell’isolamento e della quarantena precisa: “le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia 4 che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.  Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato)“. In parole povere  dopo tre settimane di quarantena, la persona che risulti asintomatica da almeno una settimana (fanno eccezione le alterazioni di gusto e olfatto, che possono registrarsi anche oltre la guarigione) potrà interrompere l’isolamento. A questa conclusione si è giunti dopo aver rilevato che la carica virale è molto alta subito prima e nei primi giorni successivi alla comparsa dei sintomi. Dopodiché, tende gradualmente a diminuire: fino a non essere quasi più rilevabile al giorno 21. Ci sono però dei limiti, delle zone d’ombra e delle perplessità su questa presunzione di negatività. La prima riguarda l’assenza di evidenze scientifiche sulla mancata contagiosità dei pazienti che rientrano in questa casistica. Non conoscendo con certezza la durata del periodo di contagiosità di un soggetto con Covid-19, il rischio di trasmissione dell’infezione, ancorché attenuato,  esiste anche oltre le tre settimane dalla comparsa dei sintomi. Un aspetto più soggettivo ma non meno rilevante riguardala sfera personale e professionale dei singoli casi di positivi a lungo termine. Così, ad esempio, chi lavora in proprio avrà tutto l’interesse a terminare la quarantena il prima possibile per tornare al lavoro e , in buona o cattiva fede, potrebbe tendere a simulare l’assenza di sintomi.  Il fenomeno opposto potrebbe verificarsi per chi ha intersse a rimanere a casa. Un aspetto non trascurabile riguarda poi chi deve tornare al lavoro. Perché il positivo a lungo termine se è libero di interrompere l’isolamento, non ha la stessa libertà di rientrare alla propria occupazione, questo vale, soprattutto, per i dipendenti a cui i datori di lavoro chiedono che la negatività non sia solo presunta ma anche dimostrata. Così il ritorno al lavoro sarà consentito solo in presenza di un tampone che attesti che la persona non sia positiva.

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