Home Cronaca Occhio che vede, cuore non duole. L’inguaribile tentazione dell’Africa “acceca” l’oculista mussomelese

Occhio che vede, cuore non duole. L’inguaribile tentazione dell’Africa “acceca” l’oculista mussomelese

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Mussomeli – “E’ difficile da spiegare a parole. Anzi impossibile. Bisognerebbe fare un racconto per immagini, di quegli sguardi colmi di gioia e gratitudine che mi porto nel cuore”. Parole che traboccano di emozione, quelle di Maria Concetta Mistretta -oculista affermata, con una solida posizione maturata all’interno di una delle più prestigiose strutture sanitarie del capoluogo siciliano- all’indomani della sua missione di volontariato in Madagascar. Ne parliamo una domenica, alla fine di una lunga giornata di lavoro, durante l’infelice tratta Mussomeli – Palermo, dove dall’indomani una importante settimana di lavoro attende la stimata professionista. “Da quando sono tornata non mi sono fermata un attimo. Ho dovuto recuperare il tempo della mia assenza”. Palesemente stanca, la voce stride con un irrefrenabile impulso dell’anima. Che parla, parla e ancora parla, volendo dire tutte quelle cose che sono doverose eppure ignorate. Da tutti. Come se avessimo delle bende perenni negli occhi, noi che pure ci riteniamo vedenti. . Un richiamo forte quello dell’Africa, una terra già battuta, dall’oculista avventurosa, dall’Etiopia alla Tanzania, in veste di turista. Un’esperienza maturata ma mai finita, perchè l’Africa te la porti nel cuore, anche quando torni. In un modo o nell’altro. E vuoi ritornare a tutti i costi. Specie quando un altro sentiero, un bisogno primordiale dello spirito, si fa strada nei meandri del pensiero e ti senti chiamato a quel “qualcosa in più” che sai di poter e dover dare. Così capita che il destino ci mette del suo e si presenta l’occasione, una nuova spedizione dell’associazione Onlus “Occhi sul Madagascar” si sta organizzando per quella regione ai confini del mondo. “Siamo partiti in otto, con venti valigie, all’interno materiale di consumo e farmaci. Un viaggio lungo e faticoso, durato tre giorni, ma lo rifarei mille e altre mille volte ancora. Non fosse altro che per quegli occhi dai piedi scalzi che riesci a fare brillare con un guizzo di felicità”. Davvero aiutare giovani e meno giovani a vedere il presente e il futuro è il nobile obiettivo dell’associazione gestita da suore che lavorano in un piccolo ospedale, con una sala operatoria dove si eseguono interventi di chirurgia addominale e dove l’infermiere fa anche da anestesista. Una struttura privata alla quale afferiscono i pazienti della zona, pagando una piccola quota per sostenerne in parte i costi. In un territorio dove la città più vicina dista nove ore di viaggio. “Ihosy è una piccola cittadina di 30.000 abitanti, situata su un altipiano, zona centro sud del Madagascar, con strade dissestate che abbiamo percorso per otto ore a bordo di un pullmino fermastosi più volte. Appena arrivati ci siamo imbattuti in una situazione devastante, pazienti completamente ciechi per via della cataratta. Abiamo operato e vissuto in condizioni al limite, ospitati in una stanza di degenza dove pure l’acqua -pulita- è un lusso. Fredda e a filo. Bisogna avere un fortissimo spirito di adattamento. Ma l’esclamazione di gioia della signora quarantanovenne a cui mi sento di avere restutuito la luce -e, con essa, la vita- non ha prezzo. Ti ripaga davvero di ogni fatica e privazione”. L’equipe, composta da quattro oculisti, una cardiologa, e un’anestesista, in una settimana circa, ha effettuato 200 visite e 50 interventi, considerata la pausa del 26 giugno, in cui si festeggia la festa dell’indipendenza dalla Francia. Ovviamente favoriti da un iter burocratico parecchio veloce. “Un altro mondo che vale la pena di esplorare ma soprattutto di aiutare”. Perchè il vero problema non è la carenza di professionisti, quanto piuttosto il materiale necessario per gli interventi che è davvero molto costoso. Da un conteggio approssimativo, si stima che l’occorrente spedito ammonti a circa 20.000 euro. Ecco perchè è necessario sensibilizzare l’opinione pubblica allo scopo di trovare i fondi necessari a restituire a tanti bambini infelici il sorriso che paga. La felicità dello sguardo pur nella tristezza. Una pupilla che si infiamma alla vista di una caramella o di una brioches. “Sensazioni che travalicano ogni limite e ogni barriera culturale. E’ in quelle condizioni estreme che puoi ritrovare il senso profondo di una professione che, invero, è missione”. Poi, impietoso, dalla viva voce il rumore stridente del clacson ci avverte che è tempo di tornare alla realtà, forse meno poetica ma pur necessaria!

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