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Omaggio a Nonò Salamone cantastorie e memoria storica della Sicilia

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Mussomeli – Con il libro Favi amari del prof. Michele Burgio si è voluto rendere omaggio alla Sicilia del cantastorie siciliano Nonò Salamone a cui va riconosciuto l’encomiabile merito di preservare ed estendere la memoria storica della nostra comunità isolana. Il libro è stato presentato sabato, 5 settembre 2020, nella cittadina manfredonica, presso piazzetta Firenze, all’interno del cortile antistante il chiostro Monti, oggi adibito a Biblioteca comunale. Di cantastorie ce n’è uno in ogni regione del mondo da sempre che ancora oggi, con la sua leggenda, svolge l’importante funzione di propagare e diffondere la cosiddetta “cultura popolare”. Erede di una cultura dell’oralità le cui origini si perdono nei simposi delle corti greche, il “Cantastorie” di oggi non è altro che l’aedo di ieri che, con il suo canto e le sue melodie, trasuda mito, storia, poesia, nel registro tipico di una certa tradizione folklorica. E’ l’incoscio e inconsapevole portatore di un sapere, di un’informazione culturale altrimenti negata alla cospicua classe di analfabeti dei secoli scorsi. Nonò Salamone alla sua Sicilia è tornato facendo tesoro dell’esperienza maturata nei teatri delle grandi capitale europee e non solo, dopo aver girovagato un bel pò. Partito da Sutera, suo paese natio, a soli diciassette anni, in cerca di lavoro, arriva a Milano, nella metropoli dove tutto è uguale e al tempo stesso diverso. Un destino comune ieri come oggi ma proprio perchè tutto è diverso al Nord, Nonò alla sua Sicilia è tornato richiamato dall’amore per la sua terra. Figura quasi surreale, un pò aleatoria come l’etimo che lo identifica e, in qualche modo lo definisce, il cantastorie sembra incarnare l’arketipo dell’artista senza patria, il libero girovago del mondo, investito dall’unica sola missione di narrare attraverso il canto. E degli ultimi della sua Terra canta Nonò Salamone, nella sua melodia struggente partorita nel regno di un’arte che non è mai celebrativa, soprattutto di se stessa, e neanche di quel dolore dipinto così tanto realmente da poterlo sentire che non è mai rassegnazione ma volontà di esorcizzarlo nella condivisione con l’altro. Nelle corde sottese di questi artisti popolari vibra la narrazione semantica di una Terra, della sua Bellezza, delle sue latenti contraddizioni e dei suoi infedeli cantori. Sicilia terra di tutti e di Nessuno, dove ognuno è uno e centomila, terra dogmatica ed eretica che, con i suoi demoni ed i suoi santi incarna l’epifania mistica di un mistero che, in ultima analisi, costituisce la sua essenza e il suo pieno grado di sviluppo. Nella sintassi solo apparentemente ingenua ma incisiva dei contenuti, temi come la Fame, l’Onore, la Nostalgia, gli Affetti, si intrecciano in quella trama intricata dell’animo siciliano sempre speranzoso e fiducioso in una sorta di divina provvidenza, altrimenti definibile, che sempre aleggia sul loro vissuto. La fame è dura e perfino irriverente perchè quelle “fave” mangiate sempre… a colazione, a pranzo, a cena… devono essere pure rubate! La miseria cantata! Il Cantastorie, nella sua evoluzione, diviene l’artista nostro contemporaneo. Qui, infatti si colloca, in maniera non subalterna a quelli che sono “i linguaggi della comunicazione contemporanea”. Nelle agorà del III millennio ill cantastorie è il collante sociale, l’antidoto alla cultura di una non meglio definita “società liquida” che ancora fluttua sotto l’incombente minaccia di un virus. L’arte come analgesico dal forte potere consolatorio. Degna di menzione l’iniziativa editoriale “La storia siamo noi” che ha permesso a Nonò Salamone e a tutti quanti da lui ci sentiamo rappresentati, di poterne illustrare una pagina e di vivere la profonda emozione di una purificazione dell’anima.

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