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Picchio il padre perché ritirasse una denuncia per estorsione, il figlio: «Non è lo zio il mandante»

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immagine di repertorio

Caltanissetta – «Non è lo zio il mandante». Lui, che ha già patteggiato la pena per l’aggressione al padre, s’è presentato in aula e lo ha ribadito. Così da tira fuori dalla questione lo zio – secondo la sua versione dei fatti – ritenuto il mandante di quel pestaggio.

È stata la sua “verità” al processo al cinquantasettenne nisseno Alfonso Grillo – lo zio del teste che è ritenuto dall’accusa il mandante dell’aggressione al fratello – e il settantaduenne  Salvatore Giardina  – assistiti dagli avvocati Ernesto Brivido e Giacomo Vitello – accusati a vario titolo estorsione aggravata, minacce e lesioni.

E nei loro confronti è parte civile il panettiere Michelangelo Grillo – assistito dall’avvocato Walter Tesauro  – fratello dell’imputato Alfonso indicato come la regia.

E il figlio, deponendo ha pure aggiunto «di essere andato lì.. eravamo io e mio fratello, per un chiarimento… perché, tra l’altro ci attribuiva un debito di droga… e non ho mai pronunciato quella frase “questo è da parte di tuo fratello Alfonso”…», affermazione, questa, che secondo l’accusa il figlio avrebbe urlato in faccia al padre mentre lo colpiva con calci e pugni. E per questa aggressione hanno già patteggiato la pena i due figli della parte civile adesso costituita nei confronti del fratello e di un presunto estorsore.

La burrascosa vicenda al centro del procedimento risale al 14 gennaio di due anni fa. Quel giorno sarebbe scattato l’assalto al panettiere perché, secondo la ricostruzione dell’accusa, tre giorni prima con la sua denuncia avrebbe fatto arrestare Giardina per estorsione ai suoi danni. Da qui la spedizione punitiva.

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