Mussomeli – L’ospedale di Mussomeli è morente. Colpito dalla sindrome di Sisifo dove il masso di responsabilità, mancate soluzioni ed errori ruota da una estremità all’altra senza fine. E la seduta consiliare di oggi, in cui si è più sproloquiato che parlato, è stata l’apoteosi di perpetuo moto di inconcludenza. Un consesso che avrebbe dovuto accendere i riflettori sul nosocomio manfredonico per trovare soluzioni. Alla fine le domande sono più delle risposte. Una seduta che si è trasformata in comizi elettorali da tutte le parti. Tra regolamenti di conti, meriti rivendicati e colpe rinfacciate, cadute di stile e insabbiamenti, non si è concluso nulla. Sullo sbarco argentino maggioranza e opposizione si sono affrontati con una foga che sembrava la rievocazione della battaglia di San Carlos. E mentre tutti spergiuravano, assicurando di non fare propaganda a spese dell’ospedale, sul nosocomio mussomelese calava il buio di una retorica sterile e parolaia. Ci sono i bandi ma l'”Immacolata Longo” non è appetibile. “I medici non vogliono venire, è un piccolo ospedale non ci sono prospettive” hanno tuonato burocrati e rappresentanti istituzionali . Peccato però che finora la politica ha sempre avallato il sistema “riparto dei reparti”, eliminare i servizi perché non ci sono i numeri. Anche se così facendo è stata tolta la soluzione creando il problema, come è ovvio, infatti, se si diminuisce qualità e quantità dell’offerta la flessione di pazienti è conseguenza e non causa dei tagli. Non si trovano medici? Probabilmente anche per colpa dei troppi camici bianchi che trascorrono più tempo nelle segreterie politiche che negli ambulatori. Non è vero semmai che l’ospedale di Mussomeli non abbia prospettive. Questo nobile decaduto ha il destino segnato: purtroppo non il declino, come sostenuto da più parti, invero quella è una fase passata e più facilmente reversibile. Ci avviamo al requiem. Putroppo non è uno scenario remoto e improbabile. Una catastrofe insopportabile, La chiusura significherebbe, infatti, privare Mussomeli della vita, l’asfissia dell’esistenze di cittadini e comunità. Chiudere sarebbe una silenziosa eutanasia amministrativa e sanitaria. Siamo alla fase terminale, per cambiare rotta serve un prodigio. Una scelta d’imperio. Abbiamo la prova provata, con il punto nascita, che le scelte di politica sanitaria hanno imposto, contro esigenze e volontà dei cittadini, decisioni improvvise, arroganti e prepotenti. Con la stessa tracotanza, audacia e fretta, reclutino i medici, anche a comando!
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