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Quel fabbricato non va demolito, il Cga «boccia» il comune di Comitini e dà ragione alla ricorrente

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Comitini – Quel fabbricato non va demolito. Così ha stabilito il Consiglio di Giustizia Amministrativa bocciando la tesi del Comune di Comitini e dando ragione alla ricorrente – assistita dagli avvocati Girolamo Rubino, Pasquale Tarallo e Vincenzo Airò – che non dovrà abbattere nulla.

Tutto ruoto attorno a lavori di ristrutturazione per i quali la donna aveva chiesto e ottenuto il permesso dall’amministrazione comunale. Era il 2017.

Ma un anno dopo l’avvio di quegli interventi di rifacimento, il comune di Comitini ha annullato la precedente autorizzazione intimando pure di buttare giù il fabbricato. Secondo l’ente, i lavori sarebbero stati difformi dalla concessione e, peraltro, si sarebbe pure violato un presunto vincolo di arretramento da un pozzo previsto nel piano regolatore generale.

Questa è stata la tesi del Comune, ma la decisione è stata poi impugnata. Secondo i legali della ricorrente, l’annullamento di quell’autorizzazione sarebbe stato illegittimo perché, alla base, non vi sarebbe stata alcuna motivazione tale da giustificare che v’era altro interesse pubblico, rispetto al semplice ripristino delle condizioni originarie. Tanto più, secondo gli stessi legali, che come da parere del Genio civile, al contrario di quanto sostenuto dal comune, nell’area su cui ricade la costruzione non v’è alcun pozzo, perché è stato inserito erroneamente inserito nel piano comunale.

 Tesi, quella difensiva, che il Cga ha accolto disponendo l’annullamento del provvedimento di ritiro del permesso di costruire e di demolizione.

In particolare gli avvocati Rubino, Tarallo e Airò, hanno spiegato che «il provvedimento di ritiro del permesso di costruire è stato ritenuto illegittimo in quanto contraddistinto da una motivazione palesemente e insanabilmente contraddittoria anche in ragione dell’impossibilità di annullare un provvedimento per fatti o circostanze sopravvenute».

Così lo stesso Cga ha ritenuto più che significativo il difetto di motivazione perché, peraltro, il comune non avrebbe specificato quale sarebbe stato l’interesse pubblico alla base dell’annullamento della concessione per l’esecuzione dei lavori

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