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Salvatore Castiglione, al nord e in prima linea contro il coronavirus

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MUSSOMELI –Salvatore Castiglione, lavora ad Imola nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Domiciliato a Mussomeli, dove vive la sua famiglia, si trova attualmente accasermato presso il Distaccamento Vigili del Fuoco di Imola dal maggio 2019. Dopo un concorso vinto nel 2010, ci son voluti ben nove lunghissimi anni per essere chiamato in servizio, in seguito ad un blocco delle assunzioni per mancanza di fondi, e realizzare il sogno di una vita. Raggiunto telefonicamente dichiara: “In questa drammatica situazione lavoriamo e diamo la nostra mano, senza sosta, insieme a infermieri, dottori e forze dell’ordine. In pratica dovevo scendere per le ferie, ma essendo in Emilia Romagna, precisamente a Bologna, ho preferito rinunciare per il bene delle mie bambine, di mia moglie, di tutti i miei familiari e di tutti i miei compaesani. La situazione è critica, la viviamo tutti i giorni. Usciamo dalla caserma solo per effettuare gli interventi e, per chi come me vive in caserma anche quando non lavora, il tempo non passa mai. La quarantena anche per noi è un obbligo, ma il lavoro ci porta ad uscire ed a stare in contatto con la gente che ha bisogno di noi. Vedere una città viva come Bologna deserta come un post attacco atomico ti fa molto riflettere. La cosa positiva è che in Sicilia è stata presa in anticipo e tutto sembra sotto controllo. Qui al Nord ci prendono come esempio da seguire e ci invidiano tanto come noi del sud stiamo seguendo tutto alla lettera e senza sbavature. A parte le fughe di studenti meridionali dalle Università del nord. Un po’ li capisco. Gli arriva una notizia del genere da un momento all’altro, ed i genitori gli mandano i soldi per riportarli a casa, il grave sarebbe se sono scappati dalle zone rosse prima che la normativa considerasse zona rossa tutto il territorio nazionale. Ed è ancora più grave che, mi dicono, prima delle ristrettezze imposte per decreto, giravano per pub e pizzerie come se niente fosse. Non nascondo che istintivamente stavo scappando pure io, ma ho riflettuto 5 minuti ed ho capito che era meglio stare lontano dal mio paesello. Il mio lavoro, come si sa, è un lavoro principalmente di soccorso. Varia dall’apertura di una semplice porta di chi si è dimenticato le chiavi a casa all’incidente stradale, dal classico gatto sull’albero all’incendio d’appartamento. Con il coronavirus la situazione per noi è molto più complicata perché quando andiamo a fare un intervento, non chiediamo mai alla vittima se è infetta o no (anche se cerchiamo di proteggerci sempre con tutto il necessario). Da qualche giorno, in tutta Italia, abbiamo disposizione di fare turni non più di 12 ore, bensì di 24 ore (cioè montiamo di servizio alle 8 di mattina e finiamo alle 8 dell’indomani) per far sì che ci siano meno cambi possibili con i turni e quindi minor rischio di contagi tra di noi. Non abbiamo ferie almeno fino al 3 Aprile e nei giorni di riposo siamo reperibili ed a disposizione dell’amministrazione che può chiamarci sempre e quando vuole. Bologna, Imola e penso tutto il Nord, sembrano città fantasma. Traffico zero, mezzi pubblici vuoti, quelle poche persone che trovi in giro sono in fila nelle farmacie e nei supermercati ed indossano le mascherine e i guanti. La gente è molto spaventata perché con chiunque tu parli conosce almeno una persona che è stata colpita dal virus. In caserma, specialmente noi accasermati, siamo in quarantena già da tanto ormai. Usciamo solo per lavorare e per comprare il minimo indispensabile. Passiamo il tempo a guardare la TV e sperare che la situazione migliori al più presto. Io guardo sempre i dati della Sicilia perché la mia testa è sempre lì. Con la mia famiglia ci sentiamo tramite videochiamata più volte al giorno. Avendo 2 bimbe, una di 4 anni e l’altra di 9 mesi, non è facile stare lontano per così tanto tempo. Stanno anche loro chiusi a casa ed escono per lo stretto necessario. Alla domanda su cosa lo gratifichi in questo momento difficile, risponde: “La cosa più bella è che faccio il lavoro che ho sempre sognato. Mi gratifica lo sguardo delle persone che aiutiamo e la soddisfazione di quando passiamo con il camion e i bambini ci guardano con la bocca aperta come guardavo io alla loro età.” Sulla possibilità di riuscire a bloccare presto l’epidemia, dice: “L’Italia siamo noi e possiamo uscirne da vincitori se ognuno di noi fa la propria parte. Quindi il mio appello è di stare a casa per 10-15- 20 giorni o comunque tutto il tempo che sarà necessario per poi stare fuori tutta la vita”.

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