Caltanissetta – È per sequestro di persona che sono finiti sotto accusa. Sull’onda di un’indagine che ha riguardato il loro figlio, minorenne, che come suo idolo avrebbe avuto il boss di Cosa nostra Totò Riina. E gli sarebbe piaciuto essere indicato come “il piccolo Riina”.
Ma tra le pieghe del dossier a carico del loro figlio – che poi ha chiesto e ottenuto la messa alla prova perché accusato di sequestro di persona ai danni di due minori e violenze sessuali ai danni della sua ex fidanzatina – anche i genitori sono finiti sotto processo.
I due, dei quali le generalità sono volutamente omesse per tutelare l’identità del figlio minorenne, padre e madre – assistiti dagli avvocati Salvatore Baglio e Vanessa Di Gloria – sono stati adesso assolti dal giudice che li ha giudicati con il rito abbreviato.
E se la procura ne ha chiesto l’affermazione di colpevolezza, il gip li ha riconosciuti non responsabili di sequestro di persona e tentato sequestro di persona perché «il fatto non sussiste».
Il primo degli episodi contestati alla coppia risale alla sera del 18 giugno del 2016. Quando il ragazzino, insieme al padre e alla madre, avrebbero tenuto in ostaggio un dodicenne dentro casa loro. E lo avrebbero bloccato lì, per una mezz’ora, nonostante l’adolescente in lacrime invocasse di essere lasciato libero.
L’altra vicenda al centro del fascicolo, invece, riguarda in questo caso solo la donna. Era il 4 luglio dello stesso anno, sempre il 2016, quando mamma e figlio avrebbero tentato di trascinare dentro casa un ragazzino che avevano sorpreso sul pianerottolo di casa loro con una bottiglietta di benzina in mano.
Prima il ragazzino – “il piccolo Riina”, lo avrebbe inseguito lungo le scale e poi la madre, afferrandolo per un braccio, avrebbe tentato di trascinarlo dentro casa. Ma il ragazzino sarebbe riuscito a divincolarsi e, a dargli rifugio, sarebbe stata una vicina di casa che lo avrebbe tenuto con sé fino all’arrivo delle forze dell’ordine.