Caltanissetta – In sedici sono indagati per caporalato. Sono tutti finiti nel mirino di un’indagine, chiusa nella fase preliminare, curata da polizia e carabinieri sotto il coordinamento della procura nissena.
A loro carico sono stati ipotizzati i reati di intermediazione illecita pero lo sfruttamento lavorativo e impiego di manodopera in condizioni di sfruttamento.
Secondo la ricostruzione investigativa i braccianti venivano reclutati nel capoluogo nisseno e poi, a bordo di vecchi furgoni, poco sicuri, venivano trasportati nelle campagne di Caltanissetta e Agrigento. Quasi tutti abitano a Caltanissetta ed è in pieno centro che venivano assoldati.
Le indagini di squadra mobile della polizia e nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri sono andate avanti per lungo tempo. Sono iniziate alla fine del 2020. E alla fine è stato ricostruito un quadro che avrebbe chiaramente fatto delineare lo sfruttamento del lavoro da parte d’imprenditori agricoli o proprietari terrieri del Nisseno e dell’Agrigentino. Più in dettaglio Delia, Sommatino, Palma di Montechiaro e Ravanusa. È emersa pure l’intermediazione illecita, con il reclutamento di manodopera a basso costo , costretta a lavorare in condizioni di sfruttamento.
Avrebbero fatto leva sullo stato di necessità dei lavoratori, perlopiù di nazionalità straniera , costretti ad accettare quelle condizioni per le precarie situazioni socio-economiche in cui versavano.
Durante le indagini sono state raccolte diverse intercettazioni telefoniche tra “caporali” e imprenditori agricoli per concordare, di volta in volta, il numero di operai di cui avevano bisogno e il compenso.
Poi gli intermediari, al momento della consegna dei soldi, facevano la cresta sulle paghe degli operai, già sottopagati alla fonte per la grande mole di lavoro svolto.
Poi, quanto a di orario di lavoro, riposi, ferie e malattia, si sarebbe ricaduto nel puro sfruttamento.
Peraltro i braccianti non sarebbero mai stati sottoposti a visite mediche obbligatorie, non avrebbero mai partecipato a corsi di formazione per l’utilizzo di sostanze nocive, come fertilizzanti o antiparassitari, né sarebbero mai stati dotati di strumenti di protezione.