Un imprenditore dalla schiena dritta tra i tanti entrati nel mirino della criminalità organizzata – in questo caso dei gruppi che fanno affari sporchi nel territorio gelese – che a un certo punto ha deciso di rompere il silenzio e di denunciare.
E alla fine, dopo la condanna dei suoi taglieggiatori che è stata un po’ la pietra tombale della questione, attraverso i suoi legali ha chiesto aiuto alle istituzioni.
Bussando a cassa perché lo Stato lo indennizzasse per quanto subito dalla mafia. Come tanti imprenditori e commercianti. E si è rivolto al giudice civile.
La tesi sostenuta dai suoi legali, alla fine, è stata condivisa dal giudice che all’impresa ha riconosciuto una refusione di trecento mila euro per i danni subiti nel tempo. E non solo sotto il profilo materiale.
Sarà il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, in questo caso estorsione, a farsi carico della somma.
Non è il promo pronunciamento emesso in tal senso, ma anche questo segna la strada per tutti quegli operatori commerciali e d’impresa che vogliono recidere questo cordone che li strozza attraverso richieste di pizzo che, alla fine, mortificano anche la dignità di chi decide di pagare restando in silenzio.