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Tassista ucciso in pieno centro, nuovo processo per sospetti mandanti e autore assolti in primo grado

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Caltanissetta – È da innocenti che tornano alla sbarra. Così li ha giudicati, al termine del processo di primo grado, la corte d’Assise di Caltanissetta. Ma alla fine è stata la procura, che ne aveva chiesto la condanna, a impugnare il precedente verdetto emesso l’estate dello scorso anno.

Quello con cui sono stati ritenuti non colpevoli il cinquantenne Nicola Liardo, il figlio, il ventisettenne Nicola e il trentaquattrenne Salvatore “Tony” Raniolo , tutti  tirati in ballo per il delitto del cinquantaseienne tassista gelese  Domenico Sequino.

Secondo lo spaccato tracciato dall’accusa, Raniolo, genero di Nicola e cognato di Giuseppe, sarebbe stato l’esecutore materiale accompagnato sul luogo del delitto da un complice sempre rimasto nell’ombra, mentre gli altri due, padre e figlio, sarebbero stati sostanzialmente i mandanti.

Ma il teorema accusatorio, nel primo passaggio al cospetto dell’Assise, non ha retto. E, nonostante il pubblico ministero ne avesse chiesto la condanna all’ergastolo, il terzetto è poi uscito indenne.

L’agguato al tassista è scattato nel cuore dell’abitato, in piazza Umberto I in particolare, la sera del 17 dicembre di nove anni fa. Diversi i colpi di pistola sparati da un sicario, di cui almeno cinque avrebbero raggiunto il bersaglio. Secondo la ricostruzione accusatoria, alla base vi sarebbero state questioni d’interessi, forse per un sospeso non pagato.

I familiari della vittima si sono costituiti parti civili nel procedimento che ne è derivato ma, almeno l’esito del primo grado, ha chiuso loro le porte in faccia.  Ora guardano all’appello, così come l’accusa. Mentre, in questo momento, il caso resta un delitto irrisolto.

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