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Tre arresti dei carabinieri per mafia e pizzo, taglieggiavano i commercianti per mantenere le famiglie dei detenuti

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Caltanissetta – L’accusa è di aver fatto parte di Cosa nostra. In particolare del mandamento di «Pagliarelli». Così sono finiti in trappola tre sospetti appartenenti alla famiglia mafiosa di corso Calatafimi. Due sono finiti in carcere, uno ai domiciliari.

Sono stati i carabinieri ad eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo su richiesta della direzione distrettuale antimafia.

A loro carico sono state contestate le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsioni aggravate, sia consumate che tentate, peraltro messe a segno avvalendosi del metodo mafioso per agevolare l’organizzazione.

Il provvedimento cautelare ha preso le mosse dalle indagini condotte, tra il 2021 e lo scorso anno  ,  su delega della Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio De Lucia, e le cui risultanze avrebbero consentito di acquisire gravi indizi  a carico dei tre ritenuti organici alla famiglia mafiosa di corso Calatafimi.

Per dimostrare la loro forte influenza sul territorio, con una mazza di legno, in pieno giorno, avrebbero pure picchiato selvaggiamente un giovane perché ritenuto colpevole di avere tradito la moglie.

E, secondo l’accusa, avrebbero tenuto sotto scacco i commercianti della zona, taglieggiandoli.

Le richieste di pizzo si facevano più consistenti in occasioni delle festività natalizie e pasquali e i soldi sarebbero serviti per foraggiare le casse dell’organizzazione, così da mantenere gli uomini d’onore detenuti e le loro famiglie, secondo un vero e proprio «obbligo di mutua assistenza fra i consociati».

Già in sette, nel gennaio dello scorso anno, sono stati arrestati tra le pieghe dell’operazione dei carabinieri ribattezzata «Roccaforte» del nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo.

Adesso sarebbe stato smascherato il nuovo reggente della famiglia mafiosa di corso Calatafimi a dopo il vuoto di potere lasciato dal predecessore, arrestato nel luglio di quattro anni fa. E suoi presunti fedeli.

L’organizzazione, secondo carabinieri e magistrati, avrebbe mantenuto il perfetto controllo del territorio contattando i proprietari ancor prima dell’avvio dell’attività, costringendoli subito alla «messa a posto».

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